Ragusa
"Ragusa città (in serbo Dubrovnik) conta appena 7200 abitanti (Hôtel Imperial chiuso l'estate — de la Ville — Lacroma) — birrerie e numerosi botteghini da caffè — bagni di mare a borgo Pille e a borgo Ploce — Gabinetto di lettura italiano — Teatro nuovo, in cui spettacolo preferito è l'opera italiana e divertimento carnevalesco i balli mascherati uso veneziano — Consolato d'Italia. Serrata fra la marina frastagliata e il monte S. Sergio, la città si presenta in modo estremamente pittoresco, colla penisola di Lapad a nord-ovest, la vaga isoletta di Lacroma a sud-est e il mare aperto dinanzi. […].
Rendendosi utile a turchi e a cristiani, Ragusa potè conchiudere vantaggiosi trattati di commercio con tutte le potenze: era, a comodo universale, un pacifico portofranco esente dalle guerre che infestavano il resto del Mediterraneo, e solo per lodevole prudenza considerevolmente fortificato. Più che uno Stato, la repubblica di Ragusa era una grande casa di commercio. Nei suoi bei tempi numerava 40 mila abitanti, trecento navi mercantili, aveva fattorie fin nel centro dell'Asia. L'industria si alleava al commercio: i calzolai di Ragusa erano i provveditori di babbuccie per la Turchia: inoltre pannolani, drappi di seta, velluti, tintorie, vetrerie, polveri, oreficerie, argenterie, ferramenta, corami, cere: la pesca dei coralli, la zecca, la fonderia dei cannoni, le costruzioni navali. […]. Slava di razza, la popolazione era divenuta una cittadinanza italiana per urbanità, per la cultura intellettuale, per lo splendore artistico; la letteratura latina e italiana vi fecondarono i germi di una letteratura popolare slava locale. […]. Ragusa era ancora fiorentissima, quando fu colpita da un immane disastro; il famoso terremoto del 1667 cagionò immense ruine, oltre la strage di 6000 abitanti. Dove oggi si vedono giardini erano palazzi: moltissimi dei superstiti edifizi appariscono decapitati, ridotti di un piano e anche di due: nelle rifabbriche e nei restauri si adoperarono materiali meno scelti, lavoro meno accurato, disegno e proporzioni più modeste. […].
Ragusa è una città decaduta: le sue condizioni economiche meschine; può trovare qualche compenso come gradevole soggiorno invernale, e a quest'uopo vi si è iniziata l'attività di capitali viennesi. Le persone di età matura anche al presente, anche del popolino, conoscono e parlano il pretto italiano; il dialetto naturale del popolo è un curioso misto di italiano e di serbo; ma l'azione amministrativa e scolastica va rapidamente distruggendo questa tradizionale italianità; è vivace invece la lotta fra il partito radicale croato e il partito serbo. Al movimento nazionale italiano Ragusa diede Federico Seismit Doda, ivi nato nel 1825. Le porte fortificate e a Ponte levatoio, i profondi fossi scavati nella viva roccia, le alte muraglie del recinto, tutta l'antica elegante architettura militare dà a Ragusa anche dall'esterno un aspetto imponente e maestoso; dentro si conferma il carattere spiccato di città signorile, aristocratica... ma decaduta in fastosa miseria. La via principale, Stradone, ben lastricata, corre fra due file di palazzi di ottimo stile, la maggior parte della identica altezza, tutti di pietra. Le viuzze del mercato e le anguste scalinate che ricordano Genova sono tenute con pulizia scrupolosa. Le mensolette appaiate che sporgono sopra e sotto le finestre servivano anticamente per applicarvi gli scuri.
I facchini vestono abito alla turca, nei giorni di festa veramente sontuoso. Le donne del popolo e le contadine dei dintorni sfoggiano varietà di abbigliamenti graziosi ed una irreprensibile accuratezza. […]. Una rampa conduce allo Stradone: la maggior parte di quei palazzi dove albergava il fiore d'un'aristocrazia ora estinta, dimostra le condizioni della decadenza: superbi di nobile architettura e di stemmi, di vaste sale e di scaloni a colonne, di sculture e di stucchi, molti sono ridotti a magazzini o deserti, alcuni disabitati, parecchi inabitabili. Tra le botteghe installate ai piani terreni le più interessanti sono quelle degli orefici per i caratteristici lavori che vi si eseguiscono e perchè ritrovo favorito di conversazioni. […]. Lo stradone mette capo alla piazza principale, dove sono i più ragguardevoli edifizi della città. E prima di tutto il palazzo del Rettori, detto anche popolarmente palazzo ducale, perchè la fantasia dei Ragusei non sapeva staccarsi dal modello di Venezia: […]. Accanto al palazzo dei Rettori è la Gran guardia e la torre dell'orologio: li presso forma angolo l'antico Palazzo della Dogana (ora Sponga) colla vaga loggia, stile del Rinascimento, a cinque arcate su capitelli compositi, e i piani superiori secondo il più grazioso modello veneziano del Quattrocento, compresi i merli sopra il cornicione" (pp. 272-278).
"La porticciuola in faccia ai Domenicani serve al piccolo porto di cabottaggio, detto porto Casson. Più avanti è la porta Ploce; fuori di questa il Lazzeretto e l' antico caravanserraglio o Bazar per i Turchi, edifizio abbandonato a dimora di paesani erzegovesi e dove non c'è da vedere che la fonte, elegante disegno, del secolo XVI. In città non resta da visitare che la piazza delle Erbe, pittoresco ritrovo di mercato mattutino, e il porto colle sue massiccie fortificazioni" (p. 280).