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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Lissa

"Di tutte le grosse isole dalmatiche la più inoltrata nel mare è Lissa: quindi il posto segnalato che essa occupa nella storia militare dell'Adriatico. Anticamente i greci di Siracusa vi ebbero una potente colonia. Conta 5000 abitanti che parlano comunemente l'italiano: la maggior parte concentrati a Lissa sulla costa nord, in fondo al porto S. Giorgio fortificato e preceduto dall'omonimo isolotto. Accosto è il porto Carober. Sulla costa ovest è la rada di Comisa; sulla meridionale il porto Manego: il punto culminante è il monte Hum. […]. Le fortificazioni del porto S. Giorgio portano i nomi inglesi dal 1813: Wellington, Robertson, Bentinck, Smyth, Hoste. Solo la batteria della Madonna è di creazione austriaca.

Il 18 luglio 1866, l'armata italiana, mal preparata e peggio condotta dall'ammiraglio Persano, in tre squadre coll'obbiettivo di occupare l'isola ne assalì contemporaneamente tutti i porti: Riboty e Saint-Bon riuscirono a far saltare la batteria Smyth e la polveriera del forte San Giorgio: l'ammiraglio non ne seppe cavar profitto; le squadre di Vacca e di Albini fecero un fuoco necessariamente senza risultato contro i forti di Comisa e di Porto Manego. Il 19 Saint Bon sostenne di nuovo colla sua Formidabile un duello di un'ora colla batteria della Madonna nel porto S. Giorgio: di questa su 49 pezzi solo 15 rimasero in batteria. La mattina del 20 si rinnovava l'attacco di Comisa e si preparava lo sbarco a porto Carober quando l'armata italiana fu richiamata a battaglia dall'avvicinarsi di Teggethoff colla austriaca nel canale fra Lissa e Lesina; le vicende dello scontro sono pur troppo note; si svolsero fra le 10 e mezzo e il mezzogiorno, dopodichè l'armata italiana, perduto il Re d'Italia, ristette nel canale; l'austriaca si raccolse verso il Porto S. Giorgio: avvenuto alle 2 e mezzo dietro la linea italiana lo scoppio della Palestro che il comandante Cappellini cercò invano di evitare, l'ammiraglio Persano rinunziò all'idea di rinnovare la battaglia come era possibile, ed indisturbato abbandonò le acque di cui pretese affermare che era rimasto padrone, mentre aveva lasciato ottenere al nemico l'obiettivo di sbloccare l'isola. Le conseguenze furono e sono gravissime per l'Italia, e specialmente per la sua situazione nell'Adriatico. Le fortificazioni di Lissa vennero in seguito disarmate e smantellate. Presso il cimitero di Lissa, nella penisoletta dove è una antica chiesetta ad arco tondo col veneziano campanile a piramide, due urne funerarie ricordano i soldati austriaci di terra e di mare caduti in quelle tre giornate; il monumento degli ufficiali è un leone di marmo sopra un basamento con quattro cannoni agli angoli.

La vegetazione dell'isola ha carattere spiccato meridionale, compresi i mandorli, i fichi, i palmizî: ottimi vini l'opollo, il Margherita, il prosecco, la gripola, aceto e acquavite. Abbondante pesca di sardelle nel vallone di Comisa; acciughe, sgombri, orate, dentici in tutte le acque dell'isola: prelibati gli agnelli da latte, per i pascoli aromatici di ramerino. Due grotte si visitano a Lissa: quella di porto Chiave (dove sono sotterrati i pochi italiani ripescati nel 1866) e quella di porto Manego, la quale, illuminata da un lucernario naturale al sommo della volta alta 20 metri, produce maravigliosi effetti. E più ancora le due grotte azzurre sull'isolotto di Busi, a due ore di remi da porto Comisa accessibili solo a mare perfettamente calmo. La prima sulla costa meridionale, profonda 200 metri: oltre il predominante azzurro carico punteggiato d'argento, il verde e il rosso contribuiscono alla magia dello spettacolo. L'altra all'est, nell'insenatura Balon, è preceduta da un canale lungo 41 metri: fu resa accessibile nel 1884 dal barone di Ransonet: nel basso fondo si vedono spugne e coralli; le pareti abbellite da concrezioni e stalattiti: gli effetti di colore anche più fantastici che nell'altra grotta" (pp. 256-258).