Cattaro
"Sbarcai a Cattaro (Kottor), posto alle falde del monte Stirovnick. Questa città dell'estrema Dalmazia, capo-luogo d'un circolo, nulla offre che meriti un ricordo. Le strade anguste, le case annerite dal tempo, con piccole aperture, inspirano melanconia, e il forestiere, visitata che abbia nel duomo la cappella di S. Trifone, ricca di marmi e scolture, non è allettato a soffermarsi per quindici giorni fino al ritorno del vapore. Io, tra il melanconico soggiorno di Cattaro, tra che il tempo stringeva di recarmi in Grecia incominciando l'estate, rinunziai alla gita in Montenegro. Per il che non m'estenderò a parlare degli abitatori di questo selvaggio angolo dell'Albania. Morlacchi d'origine, hanno gli stessi costumi, serbandone però intera l'antica rozzezza e ferocia. Sovente fanno scorrerie e ladronecci sulle limitrofe terre dell'Austria e del Turco, spinti dall'indole bellicosa e vendicativa, e dall'estrema miseria in cui vivono. Vidi a Cattaro alcuni Montenegrini aggirarsi elemosinando, macilenti per la fame: un giovane cadde sfinito a terra, né i passanti lo soccorsero per la poca o nessuna simpatia che ispirano quei turbolenti vicini, i quali nel 1814, impadronitisi di Cattaro, vi fecero da padroni per più mesi, finché gli Austriaci li scacciarono coll'armi. Fuori di Portafiumera, avvi il bazar, ove tre volte la settimana scendono a trafficare portando castradina, selvaggiume, frutti, sego, e specialmente legna da fuoco. Praticansi le solite cautele sanitarie; ma è libero alle donne l'ingresso in città, ed anche ad un certo numero di uomini, depositate però che abbiano le loro armi nel bazar (pp. 310-311)".