Cascate di Kerka
"La mattina appresso, il segretario mancò all'appello. Noi, un po' in carro, indi a piedi, attraversando un altipiano sassoso, si arrivò alle sponde rocciose e scoscese del Krka. I paesani le chiamano brina. Quivi, enormi mucchi di rovine antiche, attestano l'importanza storica di quei paraggi. E dall'altra parte del fiume, isolati su vasta campagna, sorgono, come una visione, gli archi romani di Kistanje. […].
Fino a pochi anni fa, sul ciglio della sponda ad una ventina di metri dal livello del fiume, esistevano grossissimi anelli di ferro, il di cui uso, essendo un'incognita, si spiegava con l'esistenza di un ponte antico, sommerso dai secoli. Improvvisamente, ad una profondità di cinquanta metri dalla balza su cui eravamo arrivati, ci si presentò la bella cascata di Brljan, fiancheggiata da alcuni molini primitivi: uno di essi appartiene al podestà di Oklaj. Ammirai a lungo i motivi idillici di quella superba cascata: essa rumoreggia soavemente, attraversando una zona verde, e si precipita da cento piccole roccie, formando un bouquet di bianchissima schiuma, di riflessi, di giochi d'acqua. Essa sola ricompensava il faticoso viaggio della mattinata.
Ma, a mezzo chilometro più in giù, ci attendeva un altro fenomeno naturale spettacoloso, la cascata di Manojlovaz, visitata e descritta da ben pochi viaggiatori. Sempre saltellando di balza in balza, si scende fino al preludio del fenomeno naturale, un preludio lungo, formato da cinque o sei cascate, ognuna delle quali da per sè è gigantesca. Tanto che io domandavo spesso ai miei compagni: — È questa la grande cascata? — No, ancor più in giù. E si scese circa duecento metri ancora, in un burrone profondo, da dove giungeva fino a noi un urlo infernale. Intanto, l'acqua del Krka, schiumeggiante vaghissimamente, preludiava al grande atto finale. Da macigno in macigno faticosamente, tenendoci a sterpi, a piccoli arbusti, ed aiutandoci col bastone, si giunse fino in fondo al burrone, dove ci si presentò una cascata davvero fenomenale: l'acqua si riversa dal suo letto roccioso, a trenta metri di profondità, con un impeto gigantesco, con uno slancio così formidabile, da produrre nello spettatore la sensazione di un terremoto prolungato, di una tempesta, d'un uragano. […]. Il Krka, dopo quello spettacolo magico, prosegue chetamente, quasi stanco, il suo corso, attraverso una gola mite e verdeggiante... Nel piccolo molino del podestà, sulla cascata di Brljan, ci attendeva una generosa colazione campestre. […]. Ed è strano osservare, in codesti molini primitivi, come, con mezzi antidiluviani, si ottengano gli stessi effetti che con quelli della meccanica moderna. […].
Nel molino, parecchi morlacchi e morlacche attendevano che il loro grano fosse macinato, per caricarlo su cavalli ed andarsene. Quando vanno al molino, hanno diritto al pranzo che consiste in una scodella di polenta. Ne profittano, si capisce, ed inaffiano talvolta quel pasto frugale con parecchie bukare di vino. Anche noi, durante la colazione, si bevette del generoso vino, di Promina dalla bukara di legno, a lungo manico. Da quel recipiente, ognuno ne beve quanto vuole, a sazietà. Di ritorno ad Oklaj, il podestà volle nuovamente ospitarci in casa sua, facendoci servire un prosciutto memorabile di quattro anni dal sapore aromatico e soave. Altro che i prosciutti di San Daniele!" (pp. 432-435).
"Meno d'un'ora dura il viaggio da Scardona alla cascata — al «Krka» per eccellenza — attraverso un tortuoso canale, una vera gola, fatta da alte roccie e dirupi aridi: l'acqua appena si move, impercettibilmente. Ad un tratto, come in un paesaggio profondissimo, si scorgono biancheggiare due striscie nivee, che si uniscono, come due confluenti, in un'oasi pomposamente verde e fiorita. «È quella la cascata? — pensai fra me; — è una cosa ben meschina!». In fatti, da lontano sembra un fenomeno microscopico, […]. La cascata turbinosa si distingue da tutte le altre per la sua conformazione a terrazze scoscese: l'acqua precipita da terrazza in terrazza, rumoreggiando ed infuriando, finchè ricade con nuovo scroscio assordante nel suo letto, per riprendere il corso nomale. […]. È il trionfo della schiuma, la glorificazione del vortice, lo stravizio della forza, la vertigine del bianco, la sinfonia del turbine, l'onda oceanica che minaccia rovina, l'ultima espressione della magia naturale. Sbarcammo sulla riva sinistra, vicino ai molini Supuk. Neanche mi accorsi che il distintissimo Marco Supuk, figlio del podestà di Sebenico, s'era avvicinato a noi e ci aveva dato il benvenuto: ero incantato a dirittura dalla visione della cascata. […]. È un tuono perpetuo! Inutile parlare ai vostri vicini: essi non odono nulla; conviene gridare, e l'onda fragorosa della cascata copre ogni altro rumore. […]. L'ispettore tedesco n'era incantato. — Ne vidi altre, bellissime, in Iscozia che è il paese delle cascate — osservò; — ma questa è una delle più affascinanti. […].
Pensi un po' — disse il Supuk; — di tutta quest'enorme forza motrice, non approfittano che soli 20 molini primitivi, con circa 60 macine, e quella macchina, sull'altra sponda, che spinge l'acqua del Krka fino al vertice del monte, per mandarla poi a Sebenico. Tutto il resto si perde, da secoli, infruttuosamente. […]. Ci sarebbero da tentare le più ardite speculazioni industriali con sicura prospettiva di successo: noi, dalmati, non possiamo farlo per mancanza di capitali e di spirito d'associazione; e i capitalisti stranieri non ci conoscono..." (pp. 450-452).