Knin
"Si sale ancora verso nord-ovest, attraverso paraggi montani. Breve è il tragitto da Verlika a Knin: buoni cavalli lo percorrono in meno di tre ore. […]. La strada è ampia e poco erta: se ne deviò un tratto, per renderla meno difficile al transito. Nel mio aide-mémoire, non trovo un solo episodio di viaggio; ricordo soltanto che pensavo alle ore deliziose di Verlika e che la strada, ad un certo punto, passa tra gole di monti, con rocce a picco, fiancheggiata dal fiumicello Krcic. Questo fiume, restringendosi dopo brevissimo corso tra gole, forma la cascata pittoresca di Topolje, versandosi, da un dirupo roccioso, a sinistra della strada maestra. Tanto che ogni viaggiatore si ferma ad ammirarla dal ciglio della strada. Io pure mi fermai, anche perchè, proprio sotto la cascata, con superbi effetti di luce e di schiuma, nasce il fiume Krka, ben noto agli alpinisti per le sue quattro gigantesche cascate di fama mondiale. Le acque del Krcic formano, cadendo, un gran ventaglio bianco, una parete che nasconde un vortice e una grotta. Con una barchetta si può penetrare nella grotta, girando la parete schiumeggiante, e ci si trova alle sorgenti del Krka. […]. Da quel punto, lo sfondo della gola è rallegrato dall'apparizione di Knin e della sua fortezza, dai tetti rosseggianti, sulle rive del Krka, in mezzo ad un paesaggio verdissimo.
Un paio di chilometri ancora, e la vettura entra nella parte più moderna della borgata, costruita appunto lungo la riva destra del fiume su detto. L'unica via principale di Knin è molto vasta ed in essa è concentrato il movimento commerciale e mondano del paese. Alcune case bagnate dal fiume e costruite quindi su terreno alquanto cedevole sono coperte da assicelle, per renderne meno pesante il tetto. Hanno poi un'altra particolarità di cui m'accorsi appena entrai in una di esse, dove presi stanza: avendo il terreno ceduto da una parte, le case s'inclinarono sensibilmente verso il fiume, determinando nelle stanze una differenza notevole di livello. […]. Il resto della città sorge a ridosso del colle fiorito, in cima al quale s'erge la vecchia fortezza, dalle proporzioni colossali. È la vecchia Knin ad anfiteatro che vide molte peripezie storiche e la di cui esistenza era collegata alle sorti della fortezza.
In una delle vie che traggono alla fortezza vi mostreranno una casuccia modesta, ove dimorano ora miseri operai, e vi diranno che in essa, nel 1818, soggiornò l'imperatore Francesco I con sua moglie: era, a quell'epoca, la casa più decente di Knin. Nell'unico caffè, sulla via principale, feci conoscenza con molte persone ammodo, con l'aristocrazia intellettuale del paese. Nel corso della conversazione, seppi che il benessere economico del paese va declinando e che nessun negoziante o possidente di Knin può vantare un patrimonio rilevante. — La ferrovia, dunque, non giovò al paese? — Per ora, no, giacchè, terminando qui, essa ci tolse le risorse del commercio locale di transito, senza rimpiazzarle con altre provenienti da un ravvicinamento della borgata ai paesi che ci stanno alle spalle, e al grande commercio generale d'Europa. Infatti, la rete ferroviaria dalmata, di circa 150 chilometri, non si comprende: facendo capo a Sebenico e Spalato, i due rami si uniscono a Perkovic, e da lì la linea, passando da Dernis, prosegue fino a Knin, dove termina. A suo tempo, mentre si progettava e costruiva, fu una facile risorsa per i rispettivi impresari, e nulla più. Fu una ferrovia elettorale, insomma. Ma sarebbe urgente che la linea, la quale, per le sue difficoltà tecniche, costò un occhio, si prolungasse fin nella Croazia e lì si allacciasse alle grandi linee internazionali. Altrimenti, i dalmati avranno scarsi motivi di benedire al carro della civiltà" (pp. 416-418).
"La porta d'ingresso [della città], preceduta da un ponte levatoio, è sormontata da un leone alato di San Marco, il quale — notate il dettaglio — anzichè impugnare con l'artiglio il solito libro aperto, col versetto Pax tibi, Marce, ecc., impugna una croce lunga e snella. È l'unico modello in Dalmazia. Oggimai, la fortezza sterminata è quasi del tutto abbandonata, nè credo che il dominio austriaco ne faccia gran conto in ordine strategico. Ma, aggirandosi in essa, la fantasia rilegge su quelle macerie molte pagine storiche: lunghe ferritoie, vedette, grossi bastioni, ponti levatoi, una quantità d'edifizi a vòlta, tutto ricorda la tregenda guerresca di quella fortezza colossale. L'egregio podestà di Knin, Alessandro Katic, un patriota valoroso, che m'accompagnava, mi indicò la ferritoia, dalla quale si ritiene che il Jankovich, coi suoi falchi, abbia preso d'assalto la fortezza [1688]. Guardai giù — un precipizio. Davvero, dovevano esser eroi per prenderla da quel punto e sfidare la pioggia di sassi e di palle della guarnigione turca. […].
I dintorni di Knin, visti dalla fortezza, presentano un quadro sfolgorante di varietà: ai piedi, la borgata lambita dal Krka in un'oasi fiorita; verso est e sud-est una campagna immensa; nella stessa direzione, in fondo ad una gola di monti, la poetica cascata di Topolje; a nord, altre vette rocciose ed aride; verso sud, la montagna gigantesca e grigia di Promina, si disegna maestosa sull'orizzonte; più in fondo ancora, il monte Tartaro di Sebenico. La vegetazione rigogliosa dei dintorni di Knin essendo oramai rinomata, seduce d'estate numerosi forestieri e viaggiatori.
Di ritorno dalla fortezza, trovai i cittadini di Knin affaccendati in preparativi di festa: il capo politico del distretto s'era recato a Zara ad ammogliarsi e doveva ritornare quel giorno, insieme alla sposa. Alla nuova e gentile concittadina non mancarono nè fiori nè sorrisi nè acclamazioni entusiastiche: ne era commossa fino alle lagrime. E, più tardi, fino a sera inoltrata, la banda musicale rallegrò la borgata in omaggio agli sposi. Quell'episodio riconfermò in me l'assioma che, in quei paraggi montani, fiorisce tuttora il senso eminentemente ospitaliero, in tutti i ceti della cittadinanza. […].
Nel pomeriggio, visitai il convento dei francescani, perchè sapevo che possedevano antichità notevoli, scavate nella loro tenuta di Crkvina. Infatti, nel pianoterra del loro convento, ammirai un museo interessante di ruderi antichi con iscrizioni, monete, fregi ornamentali, oggetti preistorici dell'epoca della pietra. — Con gli scavi successivi — mi disse un frate — speriamo di ricostruire la storia dell'epoca croata in Dalmazia. Abbiamo già trovato un'iscrizione che ricorda un Dux Croatorum. Curioso di vedere gli scavi, mi ci recai in compagnia dell'egregio podestà. […].
Nella scuola di Biskupija, un vero modello, rivolsi alcune domande ai piccoli montanari: mi sorpresero con le loro risposte franche, vivaci, intelligenti. Dissi ad uno di loro, un ragazzo di soli cinque anni, di scrivere su un pezzettino di carta il suo ed il mio nome. Li scrisse, me li consegnò e li conservo ancora. Sono scritti con una sicurezza calligrafica ammirabile. Come vedete, fin lassù, in paesi tanto distanti dal mare, si studia e si progredisce.
Passai la serata in compagnia piacevolissima del notaio Vujatovich, del dr. Monti, una stella ecclissata sull'orizzonte del movimento nazionale dalmato, del consigliere Slodre, insigne creatore di strade, e di molti altri simpatici" (pp. 420-423).