Budua
"Il piroscafo esce dalle Bocche di Cattaro, gira il forte Mamola e volge la prora verso sud, rasentando la penisola Lustizza. Su essa avremmo da visitare parecchi paeselli, se questo libro fosse destinato ad illustrare ogni buco di Dalmazia. Ammiriamo, piuttosto, dal cassero l'orizzonte luminoso del mare aperto, a destra; e a sinistra, dopo breve navigazione, l'ampia baia di Traste, pittoresca, con numerose roccie e promontori fortificati. Quei fortilizi ricordano, quasi tutti, il dominio della Serenissima. All'altezza della punta Platamone, il piroscafo si dirige verso oriente: alla nostra sinistra si aprono tre grandi insenature: nella terza sorge sur una stretta lingua di terra, la piccola città di Budua.
Esisteva fin dall'epoca romana e si chiamava Buta. Oggidì, dopo secoli di fasti sotto il dominio veneto, è un paesello di circa 700 abitanti, con viuzze strette ed irregolari, senza monumenti. Funge da capoluogo morale di tutti quei distretti che si estendono dal mare ai confini montuosi del Montenegro. Cinta da vecchie mura, è protetta da una fortificazione costruita su nuda rupe. Era una vedetta di primo ordine non pure contro i pirati, ma contro le frequenti scorrerie dei montenegrini. Del resto, se la città non è pittoresca, lo è in sommo grado l'insenatura. Le rive salgono dolcemente verso i monti, tutte ricoperte di floridissima vegetazione. A nord, lo sfondo è formato dalle giogaie del distretto di Majni, e a sud-est, in mezzo alla baia, su rupe selvaggia, lo scoglio San Nicolò completa il quadro" (pp. 335-336).