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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Vido

"Dov'è l'antica Narona, l'orgoglio della Dalmazia romana, il superbo conventus juridicus, il celebre e ricco emporio di commerci mondiali? Da Metkovich vi mostrano, sull'altra sponda del fiume, ad un'ora di passeggiata, un colle su cui sorge un modesto villaggio, Vido. «È li — vi dicono — che sorgeva Narona». Si sa con precisione che, nel VII secolo, fu rasa al suolo dagli avari, come Salona ed Epidauro; si sa ch'era una città floridissima: forse, a distruggerla, contribuì un cataclisma; ma della floridezza decantata di quel vasto emporio romano nè rimasero traccie, nè tradizioni attendibili, nè documenti scritti.

Ad ogni modo, il viaggiatore curioso tragitta il fiume e, lungo l'argine che segnava il confine tra l'Erzegovina turca e il suolo dalmato, si affretta a recarsi a Vido, tanto per visitare gli scarsi avanzi d'una città che fu. Come nel moderno paesello di Salona, nel modesto villaggio di Vido trovate, nei muri delle povere capanne, incastrati, alla rinfusa, avanzi di antichità romane: lapidi, iscrizioni, pezzi di cornice, blocchi decorativi, colonnini, capitelli, e via discorrendo. Trovate pure le traccie di palazzi che, a giudicarli dai pochi avanzi, dovevano esser giganteschi; cosi pure sono visibili, qua e là, traccie delle antiche mura di cinta della città romana. A voler ricostruire Narona, conviene immaginarsi che, su quel colle, sorgesse l'arce circondata da grosse mura e da torri: e che sulle falde dei monti circostanti e giù sulla pianura si estendesse il conventus juridicus, la città dai fasti commerciali. […].

Furono tentati, anni fa, dal Glavinic alcuni scavi nei dintorni di Vido. Il risultato fu soddisfacente: si rinvennero iscrizioni e monete rare; ma, per la natura del suolo sedimentoso, riesce difficile, quasi impossibile, uno scavo su vasta scala. A breve profondità, si trova acqua in proporzioni inesauribili, ond'è che simili lavori costerebbero somme favolose. Sarebbe, del resto, un gran risultato archeologico, se si potesse isolare il colle ed eseguire sul medesimo scavi intorno agli avanzi di mura tuttora esistenti. La qual cosa, forse, si farà, dopochè Salona, Burnum, Asseria e altre città insigni della Dalmazia romana avranno svelato il loro segreto archeologico agli scienziati.

Il parroco di Vido, che mi accompagnava nell'esplorazione di Narona, s'affrettò a farmi vedere la casa del defunto parroco, don Barissa Eres, una vera curiosità, ammirata da quanti viaggiatori e scienziati passano da lì. È una semplice casupola, dalla forma quadrata ed alta, con piccoli fori che vorrebbero essere finestre, e con una porta tanto bassa che, per entrarci, bisogna curvarsi. Sembra una kula, casa, o vedetta turca. Esteriormente è zeppa di antichità romane alla rinfusa, d'iscrizioni latine e greche, qualcuna capovolta, di fregi decorativi scavati evidentemente dal suolo dell'antica Narona. Un vero museo lapidario, insomma, una ex canonica rarissima per i suoi pregi storici ed archeologici" (pp. 224-226). 

"Finita l'esplorazione di Narona e della celebre casa di don Barissa, ritorniamo a Metkovich, da dove intraprenderemo altre brevi escursioni nei dintorni. I ragazzi di Vido ci offriranno monete antiche, per lo più di rame, mentre il parroco del paese ci racconterà che i parrocchiani di lui, famosi pescatori di sanguisughe, sono dediti oltremodo all'ozio, ai bagordi, all'orgia. Intanto, per quanto la nostra mente sia abituata a voli fantasiosi, le riescirà diffìcile ricostruire la floridezza antica di quei paraggi, quando al conventus juridicus affluivano migliaia e migliaia di liberi cittadini romani, e le legioni belligere cantavano inni di guerra, preparandosi a nuove spedizioni, a nuove vittorie" (pp. 230-231).