Forte Opuseo
"Una sera, ricevetti una letterina cortese da Fort'Opus. Alcuni amici dilettissimi mi partecipavano che, avendo saputo che mi trovavo a Metkovich, ne sarebbero rimasti adontati, se non avessi accettato da loro un pick-nick. L'invito era obbligante ed io telegrafai mi attendessero il giorno appresso. Mi ci recai, infatti, per la via di terra e in un'ora arrivai alla vecchia capitale della vallata narentana.
Si passò una giornata indimenticabile, rallegrata dal più schietto buon umore e da un banchetto che avrebbe destato invidia in Lucullo. Si visitò ciò che il paese offre di più moderno: il ponte in ferro attraverso il fiumicello Norino, la nuova palazzina comunale, elegantissima, e la chiesa pure di data recente. — Sono molti ammalati in paese? — domandai. — Uno solo: il medico! — mi rispose il parroco. — Forse, per questo motivo, gli altri godono perfetta salute... — soggiunse un altro, spietatamente. — E le febbri malariche?... — Sono anticaglie, memorie d'altri tempi...
Fra gli amici rividi il mio Ströll, ingegnere, che vive in permanenza a Fort'Opus, per sorvegliare le dighe, gli argini, i capricci del fiume, e farne rapporto a chi spetta. Sono quattro fratelli, gli Ströll, quattro fenomeni d'intelligenza. — Vuoi la copia di un documento antico, concernente la fondazione dell'antica città di Narenta, ossia di Narona? — mi chiese lo Ströll. — Te ne sarei obbligatissimo. — Me la diede. Sventuratamente i topi l'avevano talmente rosicchiata, da renderla illeggibile. Era, certo, un manoscritto classico. Ne lessi qualche linea. […].
La vallata del Narenta è ricca di leggende. Ne udii raccontare parecchie graziosissime, zeppe di fantasticherie incredibili, di scene truci, di episodi romantici. Una delle più caratteristiche mi fu letta dal signor Giuseppe Alacevic, consigliere alla Corte d'appello di Zara e cultore festeggiatissimo di archeologia e storia dalmata […]: lo stregone della Narenta […]" (pp. 205-207).