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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Porto Narenta

"Dopo un'ora e mezza di navigazione, eccovi di fronte a Metkovich, sulla riva sinistra del fiume. La borgatella si presenta leggiadramente, a ridosso del colle San Rocco, sormontata da una graziosa chiesa di stile bizantino. È sede di uno dei 13 capitanati politici e dei 33 distretti giudiziari, nei quali è ripartita presentemente la Dalmazia. Da quando i turchi aprirono una via maestra sulla sponda sinistra del fiume, da Mostar a Metkovich, questa borgata, un dì insignificante, cominciò a risorgere; e nel 1877, i preparativi per l'occupazione austriaca dell'Erzegovina, le diedero l'importanza di una base di operazioni militari, assicurandole in pari tempo una base di operazioni commerciali di transito. Allora, il valore del denaro cominciava, a Metkovich, dalla banconota di 50 fiorini... E pure di quell'epoca «d'oro» nel senso autentico della parola, come più tardi dell'altra pioggia d'oro, determinata dai lavori della regolazione, nessun indigeno seppe profittare. In tutta la vallata del Narenta non trovate un capitalista che possa disporre di un capitale rilevante.

 Di fronte a Metkovich, sull’altra sponda, fa capo la nuovissima ferrovia che va fino a Mostar, e da lì, congiungendosi con le ferrovie bosnesi, prosegue fin nel cuore dell'Austria. Però la borgata ne ritrae scarsi vantaggi: le merci destinate alle provincie occupate e i viaggiatori non sostano neanche un istante a Metkovich; ma dal piroscafo passano tosto al treno, lasciando ai signori metkoviciani la compiacenza di vederseli sfilare davanti al naso.

Sotto il dominio veneto, Metkovich era un villaggio meschino. Se ne vedono tuttora gli avanzi sulle falde del colle San Rocco, ricoperti ora da case più moderne. I veneziani, per conservare il dominio della vallata, avevano fatto costruire, nel 1685, la torre di Norino che sorge sul punto ove, prima della regolazione, il fiumicello Norino confluiva nel Narenta. […].

Buona è lindole dei narentani odierni. Se non si può vantare la mitezza del loro animo — perchè anch'essi sono patrioti del santo del parce mihi, Domine, quia dalmata sum — si deve riconoscere che sono onorati, di modi cortesi e rispettosi verso lo straniero. Le donne amano la famiglia, sono disinvolte ed attive. Gli abitanti, ai margini delle paludi, sembrano fiacchi; ma l'energia che spiegano alla caccia dei volatili palustri prova il contrario! Un tale che, cacciando, aveva perduto la mano destra, si perfezionò nel tiro con la sinistra a tal segno, da diventare uno dei più famosi cacciatori della Narenta. […]. Oltre che dalla caccia, i narentani traggono le loro risorse dall'agricoltura, nonchè dalla pesca delle anguille e delle sanguisughe. Queste ultime le pigliano andando in acqua fino alla cintola ed attendendo che si attacchino alle loro carni. Non è il migliore dei complimenti, nè i narentani più agiati si dedicano a codesto lavoro. Anche le donne povere vanno alla pesca di sanguisughe e non è raro il caso di sorprenderne qualcuna abbastanza scollacciata... dai fianchi in giù. […].

— Non ci sono più zanzare nè febbri malariche, nè altre frottole! — afferma l'egregio podestà di Metkovich, il Gluscevich, un bel tipo che non accetterebbe neanche l'acqua santa, se non fosse del suo Narenta. Egli la beve a tutto pasto, senza filtrarla e senza che ne abbia risentito mai conseguenze perniciose.

Ebbi occasione di udire, una notte, lunghi muggiti provenienti dalla sponda destra del fiume. Sembravano muggiti di tori, frequenti in estate. Siccome in quei paraggi non ci sono tori, si volle attribuire il fenomeno al gemito di aironi innamorati. Ma anche quando essi non sono in amore, si odono i muggiti. Dunque? Dunque, dev'essere un fenomeno fisico cui gli scienziati non s'occuparono ancora di spiegare. Insomma, negli eleganti locali dei due ritrovi sociali, i narentani non rifinivano di raccontarmi tutte le specialità caratteristiche della loro vallata. Con alcuni di loro mi recai, un bel giorno, sulla cima del più alto colle dei dintorni, da dove ammirai uno spettacolo affascinante: in mezzo ad una corona di monti verdeggianti, vasti prati fioriti, tratti di palude, piccoli laghi, mille canali di tutte le dimensioni, placide insenature, vigneti, filari di gelsi, casolari sparsi alle falde di monti, nitidi villaggi e miti buoi vagopascenti su quelle isole che si formano a centinaia e spariscono da mane a sera.

Ho conosciuto a Metkovich uno dei più perfetti gentiluomini ch'io abbia incontrato da quando viaggio: Alessandro Nallini, capitano distrettuale. Ebbe per me uno sfoggio di cortesie irresistibili, di brillanti attenzioni. Se questo volume gli cadrà fra le mani, gli ricordi il mio entusiasmo, la mia gratitudine, la mia venerazione per lui e per la sua elettissima famiglia.

Assistetti, a Metkovich, alle funzioni della settimana santa. In simili giornate ogni paese presenta qualche caratteristica etnografica. E a Metkovich notai che, alla processione del venerdì santo, un tale, tutto ravvolto in una cappa nera, trascina una croce gigantesca, formata di due travi, fin sù alla chiesa. Quel fantasma ignoto a tutti va a piedi ignudi, e la via che conduce alla chiesa non solo è erta, ma scabrosa e ricoperta di scaglie pungenti. Nessuno, tranne il parroco, sa chi sia quel penitente. — Deve essere il più grande peccatore del paese — mi dissero alcune donnicciole; — quest'anno è, sicuramente, un signore della buona società... — Come lo sapete?... — Ha i piedi piccoli, eleganti, bianchi. — Ma chi può essere? — Impossibile risaperlo... Il giorno appresso, sabato santo, gran funzione in chiesa. Il sacro sepolcro era custodito da baldi paesani, vestiti in abiti rossi, giudaici. Al Gloria, costoro cadono a terra come fulminati, si dibattono come oscessi, fanno gestacci da spaventare. E uno di loro, con la sua lancia, spacca un uovo che pende, in mezzo alla chiesa, da un filo. Allora tutta la popolazione dei devoti ne gioisce e da quel momento comincia il gaudio generale dell'alleluja. Quei ribaldi giudei spariscono, per ricomparire l'anno seguente, più atroci che mai. Non tentai di spiegare codeste costumanze medioevali, ma ne rimasi abbastanza costernato per motivi che entrano nella cerchia delle mie riflessioni circa il grado di progresso civile d'un paese" (pp. 199-205).