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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Delta della Narenta

"[…] dal paesello di Gradaz fino alle foci del Narenta, una visione montana con valli verdeggianti che scendono fino all'antico delta paludoso del fiume. Quando il piroscafo riprende il cammino, sembra di trovarsi in mezzo ad un lago svizzero, tanto ne è accentuata l'intonazione fantastica. Il piroscafo entra tra le due dighe della foce. Una tabella ne indica la profondità; 3,95, ossia tre metri e novantacinque centimetri: il piroscafo lloydiano può passare. In cima alle due dighe, sono due casotti destinati al custode. — Gran lusso, due casotti! — osservai per ischerzo. — Eppure gli servono — mi spiega un compagno di viaggio; — quel povero custode è felicitato da numerosa prole: dodici creature, tra maschi e femmine, e tutti piccini. Di giorno vivono insieme nel casotto a destra; di sera, egli trasborda tutta la prole nell'altro casotto sulla diga a sinistra, e rimane solo con la sua prolifica consorte, nell'altro. Eppoi si dirà che l'acqua del Narenta è malsana! Scommetterei che l'ottimo custode delle foci narentane non ricorse ancor mai ad un medico. «Altrimenti — potrebbe soggiungere un lettore maligno — gli sarebbero morti parecchi dei suoi dodici figli».

Navighiamo sul fiume più vasto di Dalmazia. Esso divide la Dalmazia settentrionale dalla meridionale, ed era il confine della Dalmazia veneta. È il Naro, o Narbo degli antichi. Ha la sua sorgente sulle vette della catena Suljava che divide la Bosnia dall'Erzegovina: a Mostar, capitale di quest'ultima provincia, passa sotto il celebre ponte di Traiano, e a Metkovich, borgata che noi visiteremo or ora, comincia a bagnare terra dalmata, fino alle sue foci, per un percorso di 21 chilometri. Il Narenta, nel suo corso superiore, è ammirabile per le sue sponde fantasticamente frastagliate: nel suo corso inferiore, da Metkovich al mare, inonda circa 12,000 ettari di terreno, rendendoli paludosi e malsani. Ora meno, poichè il fiume venne regolato e molti tratti di terreno bonificati. Ma prima che si eseguisse codesto lavoro, le febbri malariche del Narenta godevano truce notorietà.

Lungo la sponda destra del fiume s'incontrano dapprima alcuni casolari indi il villaggio di Comin, i di cui abitanti — mi raccontava un medico — sono celebri per la loro struttura fisica gigantesca. Lungo la sponda sinistra troveremo Fort'Opus, e sette chilometri più in su, sulla stessa sponda, Metkovich. Questi sono i due capoluoghi, due comuni politici nella di cui giurisdizione cadono altri dieci villaggi, sparpagliati alle falde dei monti circostanti, con una popolazione complessiva di circa 11,000 abitanti. […].

Viaggiando lungo il fiume, fino a Metkovich, vi sorprenderà la varietà del continuo panorama palustre, fluviale e montano, con riflessi ed intonazione speciale di colorito. È un ambiente del tutto differente da quello della costa marina, o del montano. Ha qualchecosa di mite, di sentimentale, direi quasi di patologico. Vi rallegra l'apparizione della torre rotonda di Norino, presso Fort'Opus. Sul suo conto corrono parecchie leggende storiche, fantastiche, rasentanti i racconti mitologici. È una semplice torre di difesa e d'osservazione dell'epoca delle guerre venete contro i turchi. Così pure forma un diversivo esilarante l'incontro dei piccoli sandali, chiamati dai paesani trupine. Sono piccole gondole, snelle e tanto leggere, che passano attraverso tutti i canali secondari del fiume e delle paludi, dove ci sia un solo pollice d'acqua. E, quando l'acqua manca affatto, il paesano prende la sua barchetta semplicemente sulle spalle e la porta altrove. […].

Come dissi, il fiume recentemente regolato venne condotto in un canale ampio ed arginato, così che il piroscafo, evitando le antiche curve e i bassifondi, viaggia ora comodamente e senza imbarazzi fino a Metkovich. Il corso attuale del fiume rassomiglia a quello del Canalazzo di Venezia. Sulla riva di Fort'Opus non vi sfuggirà un monumentino, destinato a perpetuare la memoria dei 6 milioni e mezzo di fiorini spesi per la regolazione del Narenta" (pp. 196-199).

"La vegetazione, nei tratti bonificati, è oltremodo rigogliosa, favorita dall'umidità del terreno e dal limo che vi reca il fiume nelle sue piene. Vi attecchisce bene la vite, così pure cresce l'ulivo e riesce ottimamente il gelso. Scarseggiano però le frutta e i legumi. Rimunerativo è il commercio del falasco e del giunco, due prodotti specifici delle zone palustri. Quanto alla fauna, la vallata ne è ricca per varietà e quantità. All'epoca dei passaggi, gli stormi di volatili sono così fitti e frequenti, da sbalordire: e alle foci del fiume formano file che sembrano dighe. Non è raro nella Narenta l'avoltoio nero che talvolta combatte col cacciatore e rapisce agnelli e capretti. Notoriamente, i salmoni e le trote del Narenta sono prelibate. Alle foci del fiume abbondano i cefali, i barboni, le lizze e via discorrendo. Fino a pochi anni fa, abbondavano pure, in tutta la vallata, le più grandiose zanzare del mondo: erano, certamente, le bisavole della specie. Si arrivò a dire che un tale, punzecchiato sulla schiena da una zanzara narentana, ne rimase gobbo vita natural durante" (pp. 202-203).