Lagosta
"Ponendo il piede a Lagosta, noi ci troviamo nel territorio dell'ex repubblica ragusea. L'isola, se pure distante da Ragusa circa 100 chilometri, ne faceva parte integrante ed i ragusei n'erano gelosissimi. È vagamente attorniata dagli scogli lagostini e da molti altri isolotti. […]. Alcuni interpreti di Omero veggono in Lagosta l'Ogygia, ossia l'isola di Calipso, ricordata nell'Odissea. Ad ogni modo, se in quell'epoca il porto Rosso avesse avuto il suo magnifico faro, come lo ha ora, che progetta i raggi a 25 miglia marittime, il comm. Ulisse non avrebbe vagato disperatamente sulle acque dell'Adriatico, come una mosca senza testa.
Lagosta, la Celadussa del Plinio, la Lastovan del Porfirogenito, era anticamente una città di 12,000 abitanti e sorgeva sul versante occidentale dell'isola, dov'è l'odierno porto San Pietro. Ora ne rimangono scarse rovine. […]. L'attuale Lagosta, borgata, sorge verso il mare, ad anfiteatro, circondata di colline e di monti. In essa è concentrata quasi tutta la popolazione dell'isola, scarsi 2000 abitanti. Vivono benino, poichè l'isola, che ha una circonferenza di 28 chilometri, è produttiva e molto fertile. Poi, anche i lagostini, come i comisani, fanno pesche miracolose di sardelle. Le case sparpagliate tra orti e giardini accennano al grado di civiltà dei paesani. Le vie, ahimè, sono un po' in disordine. Fra gli edilizi pubblici è notevole la chiesa parrocchiale del XIV secolo, con un magnifico Tiziano sull'altar maggiore. A tergo del quadro si legge: Titianus pixit. E, fra le cose profane, è celebre il carnevale di Lagosta che ispirò ad un illustre letterato raguseo, Gianfrancesco Sorgo, argomento a carmi melodiosi. Anche la natura, del resto, contribuì a rendere Lagosta interessante: è nell'isola una grotta ammirabile per l'aggruppamento di colossali stalattiti. Nessuno sa dirvi quanto sia lunga. Quando si giunge ad un certo punto, sentite mancarvi l'aria e siete costretto di fermarvi, sotto pena di morire asfittico. Da quella grotta, con certi venti, esce un rumore strano, allarmante, spaventevole: sembra la voce di dannati che implorino mercè.
Non potete figurarvi come sono superbi i lagostini del secolare dominio raguseo. Lo ricordano con vanto. Erano sempre i sudditi più fedeli di quell'illustre repubblica. Parlano tuttora il dialetto raguseo, che è un amalgama grazioso di pretto italiano e di pretto slavo. Ed hanno ragione di rimpiangere il dominio di Ragusa. Caduta Ragusa, anche Lagosta ci rimise tutta la sua importanza. Oggidì, distante com'è dal continente dalmato (56 chilometri), chi mai pensa a Lagosta? Tutt'al più qualche geologo ricorda che, in quell'isola, è una grotta magnifica..." (pp. 161-163).