Lesina
"Se Brazza è la più grossa isola della Dalmazia, Lesina ne è la più lunga (68 chilometri). Le due consorelle formano il canale di Lesina e distano tra loro pochi chilometri. Come tutte le isole dalmate, anche Lesina, col suo capoluogo omonimo, doveva esser, fin da tempi remoti, sede d'una colonia commerciale ragguardevole. Era la celebre Pharia degli antichi ed è, senza esagerazione, la Madera moderna. […].
I tre paesi più popolati — Gelsa, Cittavecchia, Lesina — sono in pari tempo i più accessibili: i primi due, con porti magnifici, sorgono sulla costa boreale dell'isola, mentre Lesina è sulla costa verso sud, a pieno meriggio. Ma non mancano d'interesse neanche i paesi nell'interno dell'isola: Sfirze Verbagno, Verbosca, Selze, e via discorrendo, sono piccoli, ma attivissimi centri agricoli. Anzi sui monti dell'isola, avanzi di edifizi vetusti attestano l'antichità storica di quei paraggi. Così, a meno di un miglio da Gelsa, le rovine di un antico edifizio, chiamato dagli isolani gor, presentano avanzi di un'opera ciclopica. Alcuni attribuiscono quelle rovine, anzichè ai ciclopi, ai greci. A che cosa serviva tale edifizio?... Si vuole fosse un tempio antichissimo. Ad ogni modo, esso è degno di ricerche storiche ed archeologiche. […].
Nel porto di Gelsa, sicuro e profondo, si presenta d'un colpo la bella borgata marittima, ricca e progredita. Essa estende i suoi commerci non solo all'Adriatico, ma a lidi più lontani, fino in Grecia. Tra gli altri rami d'industria mi assicurano che «le scarpe gelsane» per i contadini formano un cespite di risorsa per il paese. Una delle ditte che maggiormente contribuiscono alla prosperità economica di Gelsa è quella dei fratelli Dubokovic, intrepidi e valorosi commercianti. Essi esportano vino ed altri prodotti dell'isola in quantità notevolissima. Sono ricchi, civili, ospitalieri ed attivissimi. Il paesello più antico del comune di Gelsa è Pitve, patria del celebre vescovo di Lesina, Giorgio Dubokovic-Nadalini (1800-1874). Quell'insigne prelato lasciò di sè fulgida memoria. […].
Tra Gelsa e Cittavecchia, il magnifico altipiano di Verbosca, coperto di oliveti e di vigneti, sorprende il viaggiatore con la sua lussureggiante vegetazione. Anche nel paesello di Verbosca una chiesa monumentale, fabbricata con tutti gli annessi d'una fortezza, serviva di rifugio a quella popolazione, molestata più volte dai turchi. Nella chiesa stessa trovasi la pala della natività di M. V. di Paolo Veronese, e un altro magnifico dipinto di Giuseppe Alabardi rappresentante l'ascensione di G. C. […].
Superata la punta Planirad e girato il promontorio Smocigozza, il piroscafo entra nell'ampio golfo di Cittavecchia, lungo circa sei miglia, a nord-ovest dell'isola. D'ambo le parti il suolo è abbastanza fertile, ma il golfo è scarso di pescagione. In fondo al golfo, il porto e il paese di Cittavecchia sulla sponda destra, si presentano molto favorevolmente: le rive sono accessibili e il materiale della cittadina abbastanza moderno. Una delle prime case, a tinte rosse, ferma l'attenzione del viaggiatore. — È la casa dell'insigne storico e archeologo, prof. Simeone Ljubic, nativo di qui: vive a Zagabria, festeggiatissimo, e tutti gli anni passa in questo suo Tusculum i mesi di vacanza — mi spiega un compagno di viaggio. Allora mi sovvenne che Cittavecchia diede in tutti i tempi un contingente notevole di illustrazioni alle lettere e alle scienze. […]. Fra gli altri nominerò il prof. Nisiteo che vive a Venezia e brilla negli annali della filosofia moderna; poi il Vrankovic che vive a Zara, ammiratissimo per le sue risorse spirituali, ed altri molti. Sono pure di Cittavecchia parecchi scrittori che, in Dalmazia e Croazia, colgono allori nel campo giornalistico. Nè la crescente generazione tende a degenerare: fra i migliori scolari dalmati, ginnasiali e universitari, sono appunto i cittavecchiani.
Accompagnato dall'amabile dottor Spalatin, feci il giro del paese, per coglierne a volo qualche dettaglio. […]. Nel porto, parecchie barche pescherecce erano pronte alla partenza. Domandai dove si recassero alla pesca. Mi fu risposto che, da tempi molto remoti, i pescatori cittavecchiani si recavano tutti gli anni, alla pesca delle alici sulle coste dell'Algeria. E come pescavano i loro bisavoli, così pescano essi. Figuratevi la loro tempra di marittimi: vanno in cerca di lavoro e di guadagno dalla costa dalmata all'algerina, e con barche che sembrano inette ad attraversare un canale. Nè mai avviene una sventura: tutti gli anni, ritornano sani e salvi, come da una gita di piacere, con un bel gruzzolo d'oro in tasca. In fondo al porto ammirai uno splendido parco di pini ed altre piante resinose, con viali ombreggiati, con sedili, con chioschi. È di data recente, ma ormai già lussureggiante e ricco di effluvii inebbrianti. Ne feci i miei complimenti al capo del comune. […]. Mi staccai un po' a malincuore […] dalla borgata, ove non pure gli uomini sfoggiano un'intelligenza eccezionale, ma le donne godono rinomanza di avvenenza, di grazia, di fascino irresistibile.
Uscendo dal golfo di Cittavecchia, il piroscafo si dirige ad ovest, gira il capo Pellegrino e, dopo breve tratto, entra nell'affascinante porto della città di Lesina, capoluogo dell'isola. Eccoci nella decantata Madera dalmata, il sogno dell'igienista, il sospiro del poeta, la visione di chi adora l'idillio. È una zona soleggiata, riparata da tutti i venti, con le isole Spalmadori a sud-ovest che, senza toglierle i benefizi del mare, la preservano dalle sue ire. Lesina, l'antica Pharia — nome che gli slavi le mantennero religiosamente nella leggera modificazione di Hvar — godeva sempre rinomanza di stazione climatica e la gode tuttora. Ma il mondo oggidì essendosi impigrito, alle bellezze del cielo e della plaga preferisce gli incanti dell'arte, del conforto, dello svago, dei mille comodi creati dai nostri nervi esigenti. Abbazia, confronto a Lesina, è un'arida steppa; ma è più di Lesina ricercata dall'aristocrazia sofferente, unicamente perchè più facilmente accessibile. In un'epoca non lontana, quando un brigantino arrivava dall'Europa in America in tre mesi, la cronaca marittima registrava codesto viaggio come un successo. Oggidì, se un piroscafo velocissimo ci mette, per lo stesso viaggio, più di venti giorni, si grida allo scandalo, all'indecenza, al regresso. Da Trieste si arriva a Lesina in meno di 30 ore. E pure quella Madera autentica, in pieno Adriatico, corre rischio di non diventare mai una stazione climatica di rango europeo.
Dal cassero si ammira il bel lido di Lesina che si prolunga d’ambo le parti della città in due magnifiche passeggiate lungo il mare, in una plaga incantevole. […]. Rendo i dovuti omaggi alla superba piazza di Lesina, la più vasta di Dalmazia, fiancheggiata da tre monumenti architettonici rimarchevoli: ad est, la pomposa cattedrale di stile lombardo; a sud un edifizio vastissimo, il cosidetto arsenale veneto, di forme colossali e sode: la facciata al mare è sostenuta da un bell'arco di circa 5 metri di raggio: altri sette archi interni sostengono l'edifizio; nel pianterreno, un locale grandioso, i lesignani conservavano le galere che ponevano spontaneamente a disposizione della Serenissima; il piano superiore è diviso in due metà, di cui quella a levante è destinata a teatro, l'altra a sala comunale. Nel XVI secolo Lesina possedeva un teatro, e già nei primordi del XV secolo aveva scuole pubbliche con maestri che dovevano «docere Grammaticam et Rethoricam et Artem Poeticam, et Scientiae quae necessitabunt». Il fianco nordico della piazza termina nell'ammirabile loggia veneta, opera del Sammicheli, attigua al fantastico palazzo del conte. Ora è ridotta a caffè, o, per esprimerci più eufonicamente, a Cursalon. È elegantissima, a sette arcate, con colonne e guglie. Da sola basterebbe a rendere interessante la piazza, dal punto di vista architettonico. Nella stessa linea della loggia, il palazzo Gazzari del 1500, con facciata di stile gotico, con bassorilievi e colonne, contribuisce pure ad abbellire la piazza famosa. Non è, del resto, il solo edifizio di quello stile: Lesina conserva parecchie rovine nella città vecchia, due volte incendiata, nel corso dei secoli. […].
— Ed ora andiamo alla cappella di San Spirito! — mi disse il prof. Giacomo Boglic, l'indimenticabile mio maestro, che illustrò con tanto amore e fortuna quella sua città nativa. — Vedrai una chiesuola antica e una pala pregiata. S'entrò nella città antica, a ridosso di un colle, cinta di mura in parte crollate. Si cammina quasi tra ruderi. I seguaci del Profeta, quando, nel XVI secolo, incendiarono Pharia, lo fecero, evidentemente, con una certa cognizione dell'arte pirotecnica...
— Ma io non veggo le vostre vantate palme, egregio professore. Evidentemente, Lesina è una mistificazione!... Non lo avessi mai detto! Questa mia insinuazione venne accolta da una protesta energica. «Non hai veduto palme!... Sei cieco-nato!... Bisogna proprio negare la luce del sole!...». E mi trassero, il professore ed altri amici, intorno alla città vecchia, alla nuova, lungo la marina — e centinaia di magnifiche palme gigantesche, talune nascoste in giardini privati, altre in completa libertà, mi confusero col loro muto rimprovero. — Ne sono persuasissimo! — esclamai; — la vostra Lesina è un incanto, una zona tropicale senz'alcuna restrizione, un cantuccio del Cairo. E chiacchierando, e passeggiando lungo la spiaggia orientale per un viale — il così detto viale d'Egitto — di agavi, di carrubbi spettacolosi, di palme, di cipressi, si arrivò al convento dei frati francescani, con l'annessa chiesa della B. V. delle Grazie. […].
Ma il capolovoro maraviglioso, il gioiello del convento, i frati lo conservano nel loro ampio refettorio. Esso solo francherebbe una gita a Lesina. È un dipinto di Matteo Rosselli, il suo celebre «Cenacolo», di un valore artistico inapprezzabile" (pp. 141-148).
"Com'è soave, idillico l'ambiente di Lesina, col suo cielo mitissimo e trasparente, col suo clima dolce, con la sua atmosfera chiara e fragrante. Troppo presto il fischio del vapore mi richiamò alla riva, ove trovai monti di sacchi di grisantemo. È il prodotto d'esportazione più ricco dell'isola. «Grazie al grisantemo — mi dissero — non ci sono poveri in paese». L'opera dell'agricoltore è ricercatissima. Ma io non potevo comprendere come, con quel clima incantevole, si possa lavorare. Se vivessi a Lesina, mi dedicherei alla vita contemplativa e, possibilmente, al dolce passatempo del taglio semestrale dei coupons. Ricordo gli entusiasmi del compianto amico mio, l'avv. Crussevich, che, negli ultimi anni di sua vita, soleva ritirarsi per alcune settimane in quell'eldorado. Ne ritornava col cuore gonfio d'emozioni idilliche, e le esprimeva con una serie di inni paradossali alla deliziosa Madera dell'Adriatico, alla soave Lesina. Conviene soggiungere ancora che Lesina, come stazione meteorologica, presenta condizioni climatologiche più favorevoli di qualsiasi altra stazione austriaca. Essa possiede il più alto minimo medio termometrico, 6-9° R., e, dopo Valona, la più piccola variazione annua, 13-9° R. Qui è la statistica che parla. Ed ecco uno dei casi rari in cui poesia e scienza vanno perfettamente d'accordo" (p. 150).