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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Bua

"[…]. Si passa il ponte in pietra, per recarsi all'isola di Bua, un sobborgo di Traù, dalle vie ripide e scoscese, dove però non abitano soltanto campagnuoli, ma eziandio, su un tratto della riva, parecchie famiglie cittadine. Anche quell'isola ha i suoi fasti storici antichi e moderni. Fu luogo d'esilio a Fiorenzio, maestro degli uffizi dell'imperatore Giustiniano: a Mezio, confinatovi da Valente, e, credesi, anche a Gioviniano, condannato per eresia dal papa san Siricio nel quarto secolo. Saliamo quell'erto sentiero campestre che sembra una strada montenegrina. Mi ricorda una mia gita sulla cordigliera delle Ande. Arriviamo ad un piccolo edifizio, dall'apparenza modesta di un seminario. È l'antico collegio di San Lazzaro. Traù, in epoca non remota, era considerata l'Atene della Dalmazia centrale e in quel collegio venivano educati molti dalmati che, più tardi, illustrarono le scienze e le lettere. A codeste illustrazioni Traù stessa diede un contingente notevolissimo: il celebre storico Lucio è traurino. Mori nell'anno 1579, lasciando un'opera insigne sulla Dalmazia. — E qui, in questo ignoto collegio, venne educato, nella sua prima gioventù, Niccolò Tommaseo! — esclamò il mio cicerone, con sentita compiacenza. Fu per me come una rivelazione deliziosa. Volli visitare tutto l'edifizio: le sale di studio ove il grande dalmata apprese i primi rudimenti di filosofia; il dormitorio dove dormì e forse sognò i primi sogni di gloria letteraria; il giardino dove respirò l'aria balsamica di quell'isola. Ora le sale a pianterreno sono ridotte ad ospizio per i poveri. Su due letti meschini giacevano due infelici malati. Ci chiesero un po' di carità. Chi mai avrebbe potuto rifiutargliela, per la memoria del filosofo generoso? Più in su, sur [sic] un'alta vetta dell'isola Bua, visitiamo il convento dei Dritti, un dì celebre ed abitato da numerosa famiglia di religiosi. Presentemente la famiglia è ridotta ad un frate solo, il padre Zarberini, amatissimo dai traurini, per il suo carattere vivace e gioviale. Si può, del resto, rinchiudersi in un monastero, quando esso presenta uno dei più magnifici panorami che mente di poeta possa sognare. La chiesa annessa gode fama secolare nella coscienza dei fedeli, e le belle penitenti corrono preferentemente al confessore dei Dritti «perchè — mi disse qualcuno — in paese corre la tradizione d'una tragedia domestica, avvenuta in seguito ad una indiscrezione di un confessore traurino»" (pp. 92-93).