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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Sebenico

"Da Zara a Sebenico cinque ore di navigazione; altrettante dalla patria di Tommaseo a quella di Diocleziano. Ma questo ultimo tratto, col suo alto mare a destra, è esposto quando i venti infuriano, a qualche pericolo" (p. 84).

"Un ricco possidente dalmato mi si avvicina e, cogliendo occasione dalla presenza a bordo del su lodato prelato [il vescovo greco-ortodosso di Zara], intavola meco un discorso sulla lotta religiosa tra cattolici e greco-ortodossi. — Spero che non divamperà! — mi affretto ad esclamare. — Io pure lo spero. Del resto, quel tratto di diffidenza e d'intolleranza che si rimprovera ai comprovinciali greci, è dovuto al grado d'inferiorità sociale in cui erano tenuti fino a trentanni fa. Io ricordo quando «greco» era sinonimo di «eretico», di «scomunicato», di «abbominevole». Ora, se bene i moderni concetti di civiltà abbiano appianato la voragine che li divideva da noi, essi diffidano ancora, e specialmente nella vecchia generazione è forte il ricordo delle ingiustizie non ancora cancellate dall'evoluzione liberale dei nostri giorni. — Tal quale come gli ebrei... — Certamente. E soltanto una serie d'anni e le attestazioni più affettuose per parte dei cattolici ridaranno ad essi la fiducia in sè, nei diritti d'equiparazione. Allora non saranno nè diffidenti, nè intolleranti. Ciò sia detto sulle generali, poichè il dr. Milas, nostro compagno di viaggio, per esempio, è l'uomo più tollerante, più liberale, più aperto che si possa immaginare. Il piroscafo lloydiano prosegue la sua rotta" (p. 74). 

"All'altezza di Stretto e Morter — ricchissimi d'ulivi, di mandorle, di fichi — parecchi isolotti aridi, sparpagliati, sorgono dal golfo. Poi cessa il canale: lo sguardo spazia, a sud-ovest, verso i lidi dItalia, nellampio mare. Ancora poche miglia, e il piroscafo rallenta la sua corsa per infilare cautamente un canale stretto e tortuoso, difeso alla sua imboccatura dal forte veneto, San Nicolò. Negli umidi sotterranei di quel forte, sormontato dal leone alato, vissero rinchiusi molti patrioti italiani durante il periodo epico delle lotte, delle congiure, degli eroismi per l'unità della loro patria. Dal canale, il piroscafo s'avanza in un vastissimo porto. In fondo, alle falde di alti monti fortificati, sorge ad anfiteatro Sebenico. Verso sud, il porto termina in una baia profonda; verso nord-ovest invece si trasforma nel canale che conduce a Scardona ed alle cascate del Krka «una meraviglia da contrapporsi a qualunque altro oggetto storico o artificiale degno di ammirazione». […].

La città porge ben poco di notevole dal lato architettonico, storico, o archeologico. Due piazze, quella del Duomo e la piazza Pogliana. In quest'ultima si dànno convegno i popolani, nei dì festivi. Le vie sono strette e per accedere al centro della città convien servirsi di gradinate in pietra. Una sola salita, vicino all'approdo dei piroscafi, conduce alla città e ai sobborghi, senza il concorso di gradini. La marina non è ampia, ma sufficiente per il bisogno dei commerci marittimi locali, abbastanza vivi con le vicine isole. In questi ultimi tempi, il commercio ed il benessere pubblico del paese decaddero precipitosamente, per un cumulo di circostanze che riescirebbe inutile anatomizzare. A cotesta decadenza contribuì grandemente un'epidemia di vaiuolo che decimò addirittura la città e i sobborghi, nel 1872. Estintesi quasi tutte le famiglie patrizie, o impoverite, la città si presenta ora sotto l'aspetto d'una grande borgata, abitata esclusivamente da borghesi e campagnuoli. I passeggi pubblici sulla piazza, fiancheggiata dal celebre duomo, sono oggimai un ricordo. Vi affluiva un contingente fine e numeroso di pubblico eletto, uno stuolo di signorine eleganti ed aggraziate, una società, insomma, degna d'un paese più ricco e più grande. Prescindendo da tutto ciò, come sono ammirabili quei simpaticissimi sebenzani! Fieri di sè, orgogliosi, ospitalieri, generosissimi, pronti a qualunque atto di violenza, come a qualunque atto di bontà, sembrano di razza spagnuola. Se per poco entrate nelle loro simpatie, vi ricolmano di attenzioni, in modo talvolta esagerato.

Idolo, nume, profeta dei sebenzani è il loro podestà, Antonio Supuk, deputato al Parlamento di Vienna. Ad un suo cenno, sarebbero capaci di sacrificare la vita e le sostanze, di incendiare la città. È un caso raro di popolarità. Giurano sulla parola del Supuk, come su quella del vangelo. Tutto ciò si spiega. Il Supuk, figlio del paese, ne è non solo uno dei cittadini più stimabili, ma il campione più sincero, più fervido, più amoroso. La sua casa, da anni, è aperta in permanenza a chiunque, povero o ricco, cittadino o paesano. […]. È affigliato al partito croato di Dalmazia, ma è notorio a tutti che il suo cuore palpita con sensi liberali per tutto il mondo slavo, senza veruna distinzione di nazionalità e molto meno di religione. Volli vederlo. […]. Parla l'italiano e lo slavo con finezza di frase, disposata a grande semplicità di concetto. — Che vuole?... non ho studiato che le quattro elementari — mi disse. Si parlò, si capisce, delle condizioni politiche della Dalmazia e delle economiche della sua Sebenico. Secondo lui, il popolo del suo comune impoverisce sempre più, causa la scarsezza di raccolti e di guadagni, la paralizzazione dei traffici e delle industrie. Perfino l'industria dei mulini del Krka è in completa decadenza. — L'intelligenza — proseguì — si dedica tutta alla politica e trascura completamente le campagne e gli affari. I bisogni crescono di giorno in giorno, mentre i proventi rimangono gli stessi, o, quel che è peggio, decrescono. Non c'è un signore in tutta Sebenico. Quelli che c'erano, di nobili casati, sciuparono i loro patrimoni in lussi e in distrazioni. Adesso chiamano signori noi, perchè portiamo un vestito decente. Gran mercè, se abbiamo tutti i giorni un piatto di minestra e un pezzo di bollito. Davvero, non vedo veruna prospettiva di un miglior avvenire e ne sono desolatissimo. Gli chiesi, se vivono in buona armonia, nel suo comune, i cattolici e i greco-ortodossi. — In armonia perfetta. Prima di permettere che divampi tra loro una guerra religiosa, sarei capace di sfruttare tutta la mia popolarità, per reagire con la massima energia... Codesto proposito mi ricordò il Warren Hasting che, per aver pace nelle Indie, fece impiccare, in mezzo alla piazza di Bombay, il sommo pontefice dei bramini. Consiglio il clero dalmata, e pour cause, di non coltivare il germe della lotta religiosa: Warren Hasting potrebbe aver fatto scuola in Dalmazia, specie a Sebenico.

Eccoci dinanzi al duomo monumentale di Sebenico che, secondo il Freeman, colpisce per il suo effetto generale, ma si allontana per lo strano miscuglio di stile gotico, italiano e di rinascimento, dalla serie storica degli edifizi dalmati. […]. Per visitare il battistero, si scendono alcuni gradini. E lì lo scaccino si affretta a rischiararvi alcuni dettagli notevolissimi di scultura. Il finestrino che dà luce a quel piccolo gioiello, era tutto ricoperto di stupendi rosettoni di lavoro finissimo. Anni or sono, i ladri ne ruppero un pezzo per introdursi in quel luogo sacro e demolirvi vandalicamente le statue, nelle nicchie laterali. Due, anzi, ne asportarono nè mai più si rinvennero. Con le sue decorazioni così nitide, geniali, poetiche, quel battistero ha l'aspetto d'un boudoir di fata. […]. 

Sebenico merita una breve visita, non fosse altro perchè in essa, nel 1802, nacque il «cieco venerando» che tanto onorò la Dalmazia e l'Italia. «Sommo filologo, filosofo profondo, storico coscienzioso, poeta di gran vaglia, romanziere a niuno secondo, critico acuto, psicologo in tutta l'estensione, poliglotta eccellente, statista di gran merito, politico di larghe vedute, oratore eloquentissimo» — in 52 anni di lavoro vertiginoso, Niccolò Tommaseo ha titoli esuberanti alla nostra più affettuosa venerazione. […]. I dalmati, senza distinzione di partito, ne conservano memoria veneratissima e ne vanno superbi. Eccovene una prova. Si suole insinuare che gli slavi di Dalmazia odiano tutto ciò che sa d'italiano, compreso il Tommaseo, ed io avevo udito che il Supuk non vuol udir nominare quel suo illustre concittadino. Nulla di più falso! Quando mi recai a visitarlo ed ebbi con lui la conversazione che vi ho riferita, mi sorprese graditissimamente un'apparizione inattesa: nella sua stanza, nel posto d'onore, notai subito uno splendido ritratto del Tommaseo, in una cornice ricchissima. Fu il Supuk anzi che concorse maggiormente, col suo consiglio e col suo obolo, ad erigere al Tommaseo, nella sua Sebenico, un monumento ammirabilissimo. […].

Son ubertose le isole di Sebenico, ricoperte di oliveti e di vigneti rigogliosi. Nei dintorni della città, specie sulla marina, gli stranieri ammirano le più felici combinazioni di tinte e di orizzonti. Nè intendo defraudare della lode dovuta due vini di Sebenico, la maraschina prelibatissima e il potente tartaro: sono vini di dessert, che godono oramai fama europea. […]. 

Invitato cortesemente da alcuni amici, feci un'escursione nei dintorni della città. Fino a Zablace, distante da Sebenico otto chilometri, conduce una strada carrozzabile. A metà strada ci fermammo ad ammirare una bella grotta di facile accesso, con due laghetti dacqua mista. Due chilometri più innanzi, un lago d'acqua salsa, detto «Soline», del perimetro di tre miglia, forniva al dominio veneto enormi quantità di sale. Con ducale del 1646 quelle saline vennero soppresse, per motivi ignoti. Ora è di proprietà del cav. Fontana. Zablace, un paesello di circa 400 abitanti, tutti slavi, è situato in posizione amena, di fronte all'isola Zlarin. Il clima è tanto mite che vi allignano all'aperto il Pinus Pinea, la gaggìa, l'agave: il terreno, abbastanza roccioso, produce un vino ricco di colore e di alcool. Rimarcai, in riva al mare, un elegante tempietto ottagono, in cui si conserva un quadro superbo di s. Giovanni Battista, opera del pittore Salghetti-Drioli. […]. C'è pure uno stabilimento industriale. — Questa fabbrica d'olio d’oliva — mi disse un compagno d'escursione — è pure del Fontana, il quale ne smercia molto a Fiume e Venezia" (pp. 76-82).