Castelvecchio
"Partiamo da Spalato alle sei precise col Duna dell'Ungaro-Croata. [...]. A Castelvecchio troviamo il piroscafo del Lloyd, Bosnia, il quale partendo ci fa posto al molo che chiude il porticino comodo e sicuro. Sono parecchi anni che non rivediamo questo paese; i lavori portuali gli hanno impresso una nota di manifesto progresso, dirò quasi una certa fisionomia commerciale, che copre quella semplice, rustica dei villaggi pescherecci. Non più la riva irta di roccie, non più il mandracchio di quattro muricciuoli mal connessi, ove i granchi facevano le passeggiate mattutine; ma una bella riva, a banchine solide di blocchi calcari massicci, ed una comoda e robusta diga, piegata a braccio, formano e chiudono il porto. E come questo centinaia d'altri luoghi della nostra costa, hanno coi nuovi lavori portuari acquistato comodità nell'approdo e bella apparenza colle rive solide e regolari. [...] Il Duna fischia e ci affrettiamo a ritornare a bordo. Via facendo, in un magazzino aperto sulla strada vediamo dei torchi ad olio in azione; le sporte piene di panello oscuro, grumoso, mentre dai torchi un liquido vischioso, quasi nero, d'odore aggradevole. Vedere la campagna oleifera principiata così per tempo ci fa meravigliare; ma il giovinotto addetto al lavoro ci dice: «Nije to ulje ne; tu se toči med, a ovo je vosak» [«Non è olio no; il miele viene versato lì, e questa è cera»]. Ed era vero! (pp. 24-25)".