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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Spalato

"Spalato trovasi cinto di mura in parte rovinate; è capoluogo di circolo, sede di arcivecovato; ha vivo commercio delle proprie produzioni e di quella del resto della Dalmazia; il suo porto è assai buono e sicuro d’ancoraggio. Comunica facilmente colla vicina Bosnia, e si vuole la sua popolazione a 8700 abitanti circa" (p. 47).

"Il re discese alla casa del podestà sig. Bernardo Dr. de Dudan, fra lo strepito della musica militare e concorso immenso di popolo. Qui riposò alquanto, godendo la musica dalle finestre; tra breve giunse a complimentarlo l’ufficialità di quell’inclita guarnigione. Tre donne di quei d’intorni, vestite nel vario loro costume, gli furono presentate. Ad una di queste pendeva al fianco un coltello, attaccato a lunga catena di argento, la di cui parte tagliente piegandosi, conficcavasi in apposita assolcatura che aveva il manico. […]. Qui pure preparavano il ballo nazionale della Moresca, per festeggiare la presenza del re. Frattanto giunse di nuovo l’ufficialità della guarnigione, in maggior copia di prima; fra la medesima vi marcai essere anche gli ufficiali veduti a Clissa. S. E. il consigliere intimo di Minkwitz, ringraziò a nome di S. M. il capitano circolare consigliere di governo sig. Girolamo Nani, per le cure ed attenzioni prestategli, e le diede in grata ricordanza un’anello di brillanti; così pure al sig. Dr. Bernardo de Dudan podestà di Spalato, una scatola d’oro" (pp. 159-160).

"Intanto il ballo della Moresca era di già allestito, illuminati i dintorni con fiacole e fuochi ripetuti alla riva del mare, in distanza rimarchevole, i quali fra il bruno della notte, davano assai maggior risalto alla festa. La finestra nella stanza del re, rimpetto la quale questa danza facevasi, era preparata con ricchi arredi serici, tanto sul pavimento, che sul poggiuolo e sedia destinata pello stesso. Prima d’incominciare la detta danza, venne recitato un sonetto dall’alti-piano preparato nella piazza, su cui dovevasi eseguire lo spettacolo, in modo declamatorio da persona destinata, scritto e stampato a bella posta in questa occasione galantemente; che venne presentato in drappo di seta roseo a S. M., a guisa di quello «della giostra di Sign, ed in carta reale fina, a quelli del suo seguito, e ad altre persone di distinzione. Ecco il sonetto che ci venne allora presentato.

Questo ballo nazionale sembra essere di vecchia origine; richiama alla mente dello spettatore dei fatti d’armi avuti nei tempi antichi. Questo stesso ballo di cui femmo estesa menzione in data di Curzola, ebbe qui più splendido successo, forse l'illusione della notte, l'illuminazione, i fuochi sul mare e sulle rive vicine, la musica militare con cui veniva accompagnato, la gran folla di spettatori, alcuni dei quali salivano le antenne dei vicini navigli ed altro simile, nonché l’esecuzione più esatta e regolare. Il piano formato di travi e tavole su cui eseguivasi la danza eroico-mimica, era alzato dal suolo sei eppiù piedi. Il vestito, il rito ed i modi erano affatto uguali a quelli di Curzola. […].

Frattanto era disposto il teatro colla Norma del Bellini, e quantunque stanco il re dal viaggio e dalla lunga giornata, non ha voluto all’invito sottrarsi. Accompagnato venne quindi dalla casa del podestà con dodici torce di cera, portate da quelli, che facevano il coro della Norma stessa, vestiti alla foggia romana. Il capitano circolare lo condusse nel suo palco e gli stava stesso vicino. Il teatro fu illuminato a giorno, zeppo di dame e signori. Tosto arrivato cominciò l’opera, ed intelligentissimo siccome egli è di musica, godette la bella sinfonia, del gran maestro Bellini. Fermossi quindi qualche tempo, e sentita l’aria della "Casta Diva" pensò recarsi al piroscafo, per darsi finalmente ai riposo. […]. Al bordo si trovarono due pacchi di piante secche dalmatine, inviate dal professore Petter per S. M., la sua opera Compendio geografico della Dalmazia, per il consigliere intimo di Minkwitz, così pure tre vasi con insetti, rettili e serpenti in ispirito per il cav. Dr. de Ammon, cui aveva promesso in una visita medica fatta alla sua figlia, ove io stesso pregato lo condussi. Rimbarcati che fummo s’andiede al riposo" (pp. 161-164).