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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Almissa

"Il giorno seguente 6 giugno, alle ore 4 1/4 di mattina il piroscafo salpò l’àncora, lasciando il porto di Macarsca per recarsi in Almissa, l’Oneum degli antichi, ove arrivò alle ore 7 della stessa mattina. […]. In Almissa S. M. lasciato il piroscafo, fu accolto da quelle autorità e dal concorso di molto popolo, giunto anche dalla vicina isola Brazza. […]. Dei cavalli d’altronde stavano pronti alla sinistra sponda del fiume, coi loro custodi ed una serie di panduri, per condurre il re e sua comitiva a Duare, e là vedere la magnifica caduta della Cettina.

Il re abbandonata la barca montò a cavallo, e seguì la strada per Duare. Que’ luoghi mi comparivano più briosi e più belli di quello che li aveva lasciati; la strada a lato del fiume costruita di nuovo e resa comoda e rotabile, aveva molto migliorato la condizione di que’ luoghi. […]. Non andò guari, che arrivammo presso il monte su cui è posto Duare, ove il fiume da gola ristretta, precipita nel sottoposto letto, facendo sentire il mormorio della piccola sua cascata, nota ivi col nome di Mala Gubavizza, e vedere l’acqua tutta spumante. […].

Eccoci finalmente sull’altipiano, il luogo di Duare è lì lì vicino. Il capitano circolare di Spalato consigliere Nani ci aspettava, così avendo promesso prima; e per la gita allora non calcolata, né creduta al Montenegro, attendeva già da qualche giorno. Sceso che fu il re da cavallo, venne complimentato dall’anzidetto capitano circolare, ed accompagnato alla casa del Serdaro Schismit, uno di que’ migliori abitanti, per riposarsi alquanto. Pronta era intanto un’inaspettata refezione che fu di grata sorpresa, fatta preparare dal capitano circolare, che poscia accompagnò il re per un viale dritto d’una campagna dello stesso Serdaro Schismit, a vedere la grande cascata del Cettina, denominata Vellika Gubavizza, la qual è una caterata dello stesso fiume, si vuole abbia l'altezza di 163 piedi, situata a tramontana pochi passi dal villaggio.

Le acque del Cettina quivi si riuniscono ristrette fra quelle alte rupi, che formano l’ossatura del suolo di Duare e della Poglizza, forzate dalla grande massa accumulata e dall’inclinazione maggiore del letto del fiume, precipitano frangendonsi spumanti tra quelle balze con grandissimo romore e fracasso, il di cui impeto cagiona l’effetto d’una nebbia sottile, la qual si alza al dissopra della ristrettezza di quel alveo e si dilata rassomigliando un'amasso di dense nubi, per cui condotti essendo in punto, laddove i raggi visuali formavano con quelli del sole un’angolo d’incidenza, producevano in quel momento i più bei colorì del prisma, formando un magnifico arco baleno.

Dall’altipiano della riva opposta, alcuni uomini rovesciavano dei grandi macigni, i quali precipitavano rotolando dall’alto in quell’abisso, e frangendosi cadevano sminuzzati con scroscio strepitoso indicibile, a guisa per così dire di una moschetteria cupa e profonda. Il re fece qui una piccola escursione, per osservare quali piante in quei dirupati luoghi rinvenir si potevano, ed incontrammo in quel brevissimo tratto la Vicia ochroleuca, e qualche altra pianta, tra quali un Geranium ignoto, distinto pel calice molto lanato, che più tardi riconobbi per Ger. vllosum di Tenore.

Duare non è in se stesso che un piccolo villaggio di poche case; era un tempo castello fortificato, di figura triangolare, posto sopra un’arida roccia presso la riva sinistra del fiume Cettina, di cui vedesi ancor molto bene le tracce. Questo castello fu eretto dai turchi, sul luogo d’un forte, che i romani chiamavano Tiluri" (pp. 145-147).