Macarsca
"Di là sortiti, il capitano licenziò gli uomini presi a Fort’Opus ed il piloto di Trapani, seguitammo il cammino per Macarsca, laddove si giunse alle ore sei pomeridiane. La parte sinistra del fiume, vedevasi vasta ed ampia, disseminata di campi, paludi, acque stagnanti ed altro; la destra di piccoli graziosi vigneti con alberi, fichi ecc.; in qualche distanza però, e talora del tutto vicino alla sponda, delle colline sassose sterili, con scarsi cespugli e vepreti tra le fissure delle stesse. Molte capanne di canne erano sparse in quella vastissima estensione, ove sembra abitarvi della gente a pascolare animali, per lo più armenti. I pascoli sono abbondantissimi; è un luogo atto a nutrire anche molto selvaggiume, specialmente volatili da palude, per i molti canneti che contiene. Anche la pesca qui dovrebbe recar vantaggio. L’aria, per le acque stagnanti suol essere malsana. Ridotto quel tratto di terreno però a coltivazione, incanalate le acque, dando il necessario sfogo alle medesime, si potrebbe ridurre quel grande tratto di pianura ammigliorato, ed atto a molte industriose economiche produzioni.
Le risaje dovrebbero ben riuscire, avendovi acqua sufficiente, ed essendo facile per la linea del suolo piana, di condurla ovunque vogliasi. Che la temperatura sia calda l’estate, mite l’inverno, ne fanno prova le piante incontrate. A torre poi le cattive esalazioni per le acque stagnanti, vi vorebbe oltre l’incanalamento delle acque diffuse, l’incorniciare i margini del fiume e dei poderi, coll’impianto di alberi d’alto fusto, i quali mercè il crescer loro assorbono l’aria mefitica e dannosa alla respirazione dell’uomo, aggregandosela alla massa vegetabile; avvegnaché sappiamo, che le piante constano di carbonio, d’idrogeno ed azoto, e ci fa prova di tal assorbimento la concimazione dei terreni cogli avanzi animali ed altro in putrefazione. A ciò viene in aggiunta l’incessante movimento delle foglie degli alberi stessi, che ventilando continuamente l’aria viziata, la depurano e la rendono più che mai buona alla respirazione animale. Codesti mezzi ben ponderati e messi ad effetto, gioverebbero non v’ha dubbio alla Dalmazia tutta, e darebbero vita precipuamente a’ suoi dintorni, richiamandoli in parte al passato loro lustro" (pp. 127-128).
"I curiosi, pel giorno festivo ch’era, correvano lungo quelle spiagge verso Macarsca, tenendo dietro al corso del vapore. Si sentivano poco dopo le campane di Macarsca romoreggianti suonare a lieta festa. Eccoci tra brevi momenti in porto. Quella riva semicircolare trovavasi coperta di popolo, le finestre delle case pure ripiene. La piazza ampia in piano alquanto declive ci stava dirimpetto, colla chiesa all’estremo della medesima; le case disposte circolarmente innalzavansi sulle altre; il tutto aveva un’aspetto sorprendente, mirabile. Le autorità civili e militari riunite, aspettavano lì pronte che il re mettesse piede a terra, ciò fatto lo accompagnarono alla chiesa; […]. Il re venne accompagnato in una di quelle case che mettevano vista immediata sulla stessa. Aprirono subito colà un ballo nazionale morlacco, mosso al suono dello strumento musicale dell’inculta loro pastorale Cornamusa.
Altro ballo proprio del paese differente dal primo, diedero allo stesso tempo sotto le finestre ove egli trovavasi. In questo ballavano uomo e donna insieme, al suono del monocordo ossia Guzla, che al tasto delle dita mandava qualche variazione di suono, dietro cui danzavano. Ambedue i partiti terminarono col canto al loro uso, in lingua nazionale slava. […]. L’uso di questo strumento stendesi anche nei d’intorni di Fiume e dell’Istria fra i pastori, ed è noto col nome triviale di Pive; serve per accompagnare le loro carole e canti amorosi, che sogliono usare anche la mattina di buon’ora chiamandole mattinate, la sera serenate.
Le autorità condussero poi il re ad una passeggiata, per una strada, piana, ampia, al nord della città, che infatti invitava per la sua allegra posizione, ove le campagne ben coltivate, le viti, gli oliveti, i fichi vedevansi rigogliosi, lungo le falde dell’alpestre costiera su cui giace il monte Biokovo, fiancheggiata al lato opposto dal mare che la rendeva propriamente amenissima, rinvigorita poi in quel momento dal sole che declinava fortemente all’occaso. Intanto che il re faceva quella piccola escursione, il bastimento trovavasi assediato da quantità di barchette, zeppe di curiosi per vederne la costruzione, giacchè sino allora per quanto dicevano, non eravi stato vapore in quel porto, nè tampoco bastimento così galante; alcuni ai cotestoro arrampicavansi persino e s'innalzavano alle finestre di poppa per entro guardarvi, quasi fossero tanti corsari che assalir volessero lo scafo. A persone di qualche riguardo fu permesso entrare nel bastimento, e fra questi anche ad un drappello di Reverendi Padri francescani d’uno di que’ vicini conventi" (pp. 129-131).
"Macarsca Rataneum di Plinio, Muchirum, anche Mucarum, è una piccola città, ben costrutta, situata al piede d’una gran montagna nominata Biokovo, in sito ameno e comodo rimpetto la punta orientale dell’isola Brazza; ha 1500 verso 1600 abitanti. Non è cinta di mura; ha due sobborghi, tre chiese, una caserma per 5oo uomini, una fontana nella piazza, che abbonda d’acqua eccellente. Il suo porto non è molto ampio, abbenchè trovavasi in esso sufficiente quantità di barcolame. E fertilissima in olio, produce anche molto vino e canape" (pp. 143-144).