Porto Narenta
"Montossi a cavallo accompagnati dall’amministratore di Fort’Opus, prima autorità, e dal medico locale; per una via piana lungo la sponda sinistra del fiume, dopo un’ora circa, arrivossi al luogo di Metcovich. Bellissimo in più riguardi era questo passaggio; prima la sinistra sponda trovandosi molto elevata dal letto del fiume, offriva una vista libera estesa ed amena; poi in qualche lontana distanza, rinchiusa era tutta quella pianura all’intorno da’ nudi sterili monti, i quali innalzavansi a rilevante altezza, il tratto piano d’altronde presso Fort’Opus sparso di ridenti seminati. Sul fiume d’altro canto, qualche barca spinta contro acqua come dicevamo dalla forza dei cavalli, proveniente da Stagno carica di sale, e lo portava al luogo chiamato Unka pel commercio dei turchi, che in quel ramo è vivissimo. […].
Arrivato il re a Metcovich discese presso una di quelle abitazioni, e trattenutosi breve momento si portò alla chiesa, ove il sacerdote pronto aspettava per cominciare l’incruento sacrifizio della messa. Finito il quale recossi al bazzaro turco, da lì un quarto d’ora circa distante. Metcovich in se stesso è un villaggio piuttosto grande, sullo scosceso d’una dolce collina, che offre nell’entrarvi bella prospettiva. Le sue case sono piccole, basse, irregolarmente distribuite. Il vestire dei suoi abitanti è quello del morlacco. Il bazzaro turco che trovasi alla riva destra del Narenta, vien nominato Unka. Le acque del Narenta separano ivi il territorio austriaco da quello del turco, colla frontiera dell’Ercegovina. A sinistra del fiume il luogo è montuoso, infecondo, a destra una pianura bellissima molto estesa. Nella pianura è il bazzaro, e vi si arriva attraversando il fiume. Un trincieramento doppio di tavola separava i turchi dagli austriaci. Guardie e sorveglianze rigorose contumaciali eran tenute dagli indigeni sul territorio austriaco. I turchi comprano quivi molto sale, al bisogno del quale provvedono le saline di Stagno nel circolo di Ragusa, e condotto viene come dicevamo, con barche sul fiume.
Numerosisssimi trovavansi qui i turchi. Due donne o tre vedevansi pure tra questi, e persino qualche pargoletto. La lingua fra loro era la slava, uguale a quella degli abitanti limitrofi; avevano anche comune il vestito, meno il coprirsi col turbante la testa. Domandati se avessero qualcosa a vendere per procurarsi un ricordo, risposero di non aver all’infuori di qualche camminetto di pipa e delle pietre focaje; ne acquistammo alcuni pezzi. Seppimo poscia che la maggior parte di questi, erano gente destinata dal bascià di Ercegovina per andare contro i montenegrini, e là aspettavano qualche giorno per vedere se gli stessi montenegrini si risolvessero a pagare il dovuto tributo, al che il bascià aveva dato tempo ancor pochi giorni, scorsi i quali senza effetto, avevano l’ordine di marciare contro, unitamente a molti altri loro compagni, che si trovavano presso quelle frontiere. Ciò rilevammo dal Fareter o capo del bazzaro. Tra la moltitudine eranvi delle reclute, giovani tutti belli robusti, e si distinguevano dall’avere il berretto rosso soltanto, senza intorno il fazzoletto od altro simile per ridurlo a turbante. Parecchj di Metcovich e di altri luoghi vicini, trovavansi sul territorio austriaco, chi per comperare o vendere, chi per stabilire contratti od altro, chi puramente per curiosità.
Intanto portavano e pesavano quantità di sale, che con certo manubrio di legno appeso ad una fune, lo facevano passare senza toccarsi minimamente, nei sacelli sottoposti del compratore, sul terreno turco. Varie capanne di tavola trovavansi sul territorio austriaco, ciò pelle necessarie guardie e per l’amministrazione, ed al caso avran servito per ripararsi dalla pioggia, o dei raggi cocenti del sole nella stagione estiva.
Alcuni del seguito del re comprarono per curiosità e ricordo delle monete turche, d’argento e d’oro di varia grandezza. Intanto il re dilettavasi con qualche disegno, e cercava di delineare furtivamente il Fareter (capo bazzar), che stava seduto su d’una altezza presso lo steccato fumando la pipa; turco di belle fattezze, dell’età di 60 anni circa, di bellissimi lineamenti, occhio astuto e vivace, barba argentina ben pettinata, coi peli all’estremità alcun poco contorti, vestito con sopraveste lunga verde, senza maniche, giustacuore rosso, turbante bianco con berrettino nel centro rosso, di portatura nobile e vantava parentela col bascià; ma siccome costui continuamente move vasi, parlando ora con uno, ora con l’altro de’ suoi protetti, era difficile di cogliere esatti tutti i suoi delineamenti" (pp. 123-126).