Forte Opuseo
"Entrati nel Narenta, sebbene il suo corso fosse tortuoso e ristretto, si arrivò per l’attenzione e bravura del capitano Triscoli, con non poco stupore di quegli abitanti, felicemente a Fort’Opus. Giunsimo colà alle ore 5 1/2 pomeridiane. Le poche autorità di quel piccolo paese, aspettavano alla riva per complimentare il re, e prestarsi a quanto vi potesse abbisognare. L’affluenza di quegli abitanti era massima, ed essendo giornata festiva, tutti si trovavano radunati sulla sponda sinistra del fiume, ossia d’innanzi le loro case; non tanto forse pel re, che per l’ammirazione destata dal vedersi vicino un bastimento correre sull’acqua con ruote a guisa d’un carro, e questo di sì bella costruzione, giammai comparso in quell’acque; non usi a vedere sino allora, che le leggere loro battelline, di cui servonsi per attraversare il fiume, o tutto al più qualche barca che trasporta sale, tirata con funi a forza di cavallo. Non andò guari perciò, che il piroscafo fu attorniato in un momento dalle dette battelline, le quali per la piccolezza non potevano, capire che tutto al più due persone.
Sceso il re a terra visitò la chiesa, e siccome non eravi altro a vedere, licenziò l’autorità e si demmo a percorrere la riva sinistra nel dintorno di quel piccolo paese, la qual offeriva delle piante non prive d’interesse. Qui trovavasi Cynanchum acuminatum, Dactylis litoralis, Lotus uliginosus, Polypogon monspeliensis, Euphorbia lucida, Periploca graeca in grandissima quantità, non ancora in fiore, e varie altre. […].
Fort’Opus, oggidì mal corrisponde all’opera d’un forte, non trovandovisi che dispersi abituri e qualche casa di misera costruzione. Tutti que’ luoghi di memoranda grandezza, cangiarono d’aspetto come l’antica Salona, imperciocché dove sorgevano i monumenti di antico splendore, vedesi in oggi il vomere dissodarne il terreno, ed incontrare l’incallito bifolco la testimonianza del passato con qualche frammento di romano lavoro, qualche moneta o medaglia irruginita, semi-logora dal tempo e dalle fisiche circostanze; quindi i lussuriosi palaggi, i sontuosi edifizj, li trovi mutati in ubertosi campi, in messi biondeggianti, per cui è forza esclamare con quel motto latino Ubi steterunt Pergama mine flutuant aristae! Questi campi però non recano in oggi gran studio all’archeografo, bensì di gradita messe al naturalista, al botanico" (pp. 122-124).