Curzola
"La mattina del 28 maggio alle ore 4 parti il piroscafo da Lissa prendendo la via di Curzola; arrivò colà alle ore 11 1/4. […]. Il deputato di sanità di Curzola venne col battello presso il piroscafo, che si ormeggiò nel porto vicino la città, per ammettere sollecitamente a pratica libera i suoi passeggieri. La folla di gente gremita alla riva, sulle finestre, sulle muraglie e perfino sui tetti era grande. Il re, avuta pratica, scese a terra, visitò la chiesa; si diede dopo subito ad una escursione botanica. […]. Ritornati a Curzola fece altro disegno dalla finestra dell’ufficio sanitario, ivi aspettando il ballo nazionale la Moresca, che l'autorità locale (il podestà sig. Matteo Caper) faceva intanto allestire.
Il ballo denominato moresca veniva rappresentato da uomini, vestiti alla foggia romano-orientale; questi formavano due partiti, l’uno bianco l’altro nero, e facilmente da quest’ultimo il nome di moresca. Il ballo mimico, figurato, rappresenta una specie di battaglia fra i due partiti, di cui ciascuno porta il proprio vessillo. Il luogo in cui veniva eseguito dai danzanti questa specie di pugna barbaresca, era in un piazzale presso il mare, dinnanzi la così detta loggia, che s’innalzava molti piedi dal piano preparato. […]. La loggia fu destinata pegli spettatori ragguardevoli e stavano disposte delle sedie in bell’ordine, il parapetto della stessa coperto con ampj sontuosi arazzi; nel mezzo una sedia distinta pel re. Salivano i due partiti uno ad uno sul piano preparato al suono di scarsa musica (3 violini ed un flauto) piuttosto monotoma: armati ambe le mani di forte spada corta a due tagli con punta rotondata; da 10 a 12 paja erano i danzanti, i quali cominciarono con moti minacciosi scambievolmente a sfidarsi; […]; così danzando e saltando alternavano a vicenda i colpi, tutto ciò eseguito con ordine ed a tempo di musica. Le mutazioni erano poche, e queste regolate da un moto di voce fioca però animatrice che faceva un solo; finiva poi col restar vinto il partito moresco, il capo del quale inginocchiavasi a piedi di quello del vincitore, che gli teneva sulla testa l’acciaro snudato, recitandole alcune parole di sdegno e disprezzo; così aveva fine il ballo.
Curzola del resto è un’isola lunga, che scorre dall’est all’ovest, non molto larga; ha dei boschi di Pinus halepensis e si crede, che un tempo tutta fosse coperta, e che ciò le dasse un aspetto nero, dacché ebbe il nome di Corcyra nigra o meloena. La città ch’è capoluogo di tutta l’isola si presenta come un’anfiteatro, ed è situata su d'una punta o promontorio rimpetto quasi il finire della penisola di Sabbioncello, ha 2000 abitanti ed è capoluogo di pretura, cinta di mura antiche, fiancheggiata da torri, che trovansi però in cattivo stato. Rinchiude un’antica ben fabbricata cattedrale, eretta sopra un’altura. La sua diocesi è unita a quella di Ragusa. I suoi abitanti si dedicano alla pesca ed alla costruzione navale. A Curzola trovasi il Zakal Canis aurem di Linneo, animale che gli antichi egiziani solevano imbalsamare e porlo qual genio tutelare alle loro mummie, o imitarlo raffigurandolo sul coperchio d’uno dei quattro vasi che mettevano d’attorno, quai buoni e cattivi spiriti o genj, denominati Canopi" (pp. 54-56).