Lesina
“Lesina [Contado], chiamata Paro da Strabone, e Fara da Plinio, ora dagli Slavi detta Huar, è situata nelle più intime parti del Golfo di Narenta, otto miglia lontana dalla Terra-Ferma, e confinante colle Isole di Brazza, Lissa, Curzola, e colla Penisola di Sabioncello. Stendesi a miglia 50. in lunghezza, 16. nella maggior larghezza, e 130. ne ha di giro. La città, che porta il nome di Lesina, e lo dà a tutta l’Isola, fu eretta in Vescovado ad istanza di Bela re di Ungheria, suffraganea di Spalato. Occupa essa buona parte del piano dell’Isola, e giace fra due monti, uno dalla parte di Levante coperto da un borgo di quasi settecento case di pietra; l’altro ha un Forte nella sua sommità cinto da grosso muro, e attorniato da scoscese rupi, che guarda e domina tutta la città. Il rimanente piano dividesi in due larghi spazj, o piazze, costeggiando la Chiesa Cattedrale, e il palagio Vescovile. La più bella a vedersi è quella, ch’è volta a Levante adorna di vaghe fontane, e di ameni giardini; l’altra, che guarda a Ponente, si stende fino al Monistero di S. Marco Evangelista de’ Padri Domenicani con una vaga cisterna. Il pubblico Palagio del Rettore è ampio, nobile, e guardato da buone torri, e dalle sue finestre si scopre l’Isola tutta. […].
Sparse per l’Isola restano le vestigia di antiche fabbriche, con lastrichi di Musaico. Le sue campagne abbondano d’olj, zafferani, e miele, e vino in tanta copia, che se n’empiono cinque mila botti all’anno, e trattene le biade, somministrano ogni altra cosa necessaria al vitto. Verso Tramontana ha un bel tratto coltivato a maraviglia di 16. miglia di circuito, ch’è il migliore di tutta l’Isola, ripieno di abitatori robusti, vivaci, e sobrj, e gran nimici dell’ubbriachezza. Si contano in questo tratto undici borghi; il minimo è di 40. fuochi, e il maggiore di 500. e le rovine, che del continuo ivi si scoprono, fanno sospettare, che altre volte colà fosse una insigne città. Altri due grossi borghi emuli a questo sono alle due spiagge. La pietà singolare, e la religione di questi abitatori appariscono chiaramente dalle molte Chiese, e dall’insigne Monistero di S. Pietro Martire, che veggonsi nell’Isola.
La qualità del mare, che la circonda limpido, e profondo, rende vantaggi notabili a’ suoi pescatori; e in molte sue parti restano copiosi vestigj di Romane antichità. Fra’suoi principali prodotti, due particolarmente meritano singolar menzione. Nascono quivi que’ piccioli fichi, che volgarmente soglion chiamarsi di Lesina. Questi seccati al sole, e riposti in barilli, lungamente si conservano, e per lo squisito sapore si trasportano alla Dominante, e da essa poi si mandano presso che per tutta l’Europa. Il commercio di queste frutta rende gran vantaggi a chi le coltiva, facile e certo essendone lo spaccio. L’altro prodotto si è il Ramerino, che copre in ogni parte il piano dell’Isola. Da quest’erba si trae la quintessenza, e la conserva, che si distribuisce ne’ paesi stranieri. Al governo di queste popolazioni manda la Repubblica due Nobili, uno con titolo di Provveditore e Conte, l’altro con quello di Camarlingo e Castellano, che presiede al pubblico denaro, e alla custodia del castello che domina la città.
Allorché il Doge Pietro Orseolo II. nel 994. giunse in essa, incontrò non lievi difficoltà nel sottomettere i suoi feroci abitatori; ma finalmente soggiogatigli a forza d’arme, fece diroccare da’ fondamenti la città, la quale, benché rifabbricata, rimane ancora senza alcun recinto di mura. Nel suo principal porto capacissimo di ogni nave, quantunque talvolta non se ne vegga alcuna la mattina, se ne contano fino a venti, o trenta di non ordinaria grandezza la sera, dal che si vede quanto sia frequentato. È questo guardato da un molo assai bello per comodo delle Venete squadre, che quivi sovente approdano, e si fermano” (pp. 352-355).