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Imago Dalmatiae. Itinerari di viaggio dal Medioevo al Novecento

Zara

“Zara [Contado] latinamente Jadra, e Jadera già Colonia Romana, e cinta di mura da Augusto, è la Metropoli di tutta la Veneta Dalmazia, e capo in oltre di un Contado dello stesso nome, che n’è il suo particolar Territorio. Giace essa ne’ gradi 44., distante da Venezia miglia 180. sopra una penisola, che s’innoltra nel mare, e che separata presentamente dalla Terra-Ferma con doppia fossa fatta a mano, ha interamente l’aspetto di un’Isola. Delle città possedute dalla Repubblica su le coste marittime questa è forse la più forte e la più minuta. Verso Tramontana ha un porto bellissimo capace d’ogni sorta d’armata. La città è di figura bislunga, e il suo circuito di mille trecento e trenta passi; ha mura fortissime con sette buoni baloardi. Due a Ponente e a Tramontana sovrastano all’ingresso del porto; due sono alla fronte verso Terra-Ferma di magnifica struttura, e gli altri ne difendono il fianco verso il suddetto porto. Di là dalla fossa sorge un gran Forte detto la Tanaglia, che con altissimi cavalieri domina la mezza-luna e la spianata. La Piazza è guernita d’ottime artiglierie, e d’ogni altro apprestamento di guerra. Gli Arsenali, i Magazzini, gli Spedali, i Quartieri per le milizie, il Palagio Generalizio, que’ del Conte, e del Capitano Rettori ordinarj della città sono di struttura regale, dove la Veneta generosità non ha avuto riguardo alcuno al dispendio pel decoro e difesa della Piazza. Conserva fino al presente molti avanzi di antiche magnifiche fabbriche sì dentro al suo recinto che fuori; e si veggono ancora le rovine di un acquidotto, che stendesi per più di trenta miglia di paese, e conduceva l’acqua per comodo degli abitanti. […]. Risiede in essa il Provveditor Generale di tutta la Veneta Dalmazia, ed Albania, ch’è uno de’ più cospicui Senatori della Repubblica, che splendidamente e con regio treno sostiene l’onore di questo primario Magistrato. Un altro Gentiluomo con titolo di Conte regge la città e amministra la giustizia; essendovi anche altre cariche sostenute altresì da’ Patrizj. Il presidio di cavalleria e fanteria è il più numeroso di tutta la Provincia, e i magazzini sono copiosamente forniti di viveri, munizioni, e altri militari istromenti” (pp. 322-324).

“Con degno esempio di vigilanza, dottrina, e zelo regge presentemente questa Arcivescovil Sede Monsignor Matteo Caraman nativo di Spalato. La città per altro ha per suo Protettore S. Grisogono altresì Martire. Le rendite di questo Prelato oltrepassano tre mila Ducati; essendo state accresciute dal Pontefice Sisto IV. coll’unione di certe altre giurisdizioni, che prima non possedea. La struttura, le entrate, le dipinture, e le preziosità de’ sagri arredi rendono degne di singolar menzione le Chiese di Zara, arricchite in oltre di preziosissime reliquie, e fra l’altre del sagro corpo di S. Simeone il Giusto, oggetto della venerazione di tutti que’ Cittadini, e de’ forestieri ancora. […]. Nel Duomo vi sono bei quadri del Tintoretto, e del Palma. A Santa Catterina, uno insigne di Tiziano, e a S. Domenico, un altro di Andrea Schiavone. Varj Spedali sono sparsi per la città, con quattro Monisteri di Uomini, e cinque di Donne. Vi sono anche buoni Seminarj, e Accademie di belle Lettere per la buona educazione della gioventù.

Gli abitatori di Zara possono diversi in tre classi; cioè a dire nobili, mercanti, e popolo minuto. I primi sono di antica origine, amano ugualmente le buone lettere e l’armi, e riescono ugualmente bene in queste e in quelle. Tutta la nazione Dalmatina generalmente si pregia di singolare fedeltà verso il suo Principe, e di marzial valore, e nelle recenti guerre della Repubblica ne ha copiose testimonianze. Gli altri due ordini de’ Cittadini di Zara sono gente piuttosto animosa che dotta; sincera per altro, e nimica d’inganni, tolerantissima de’ disagj e della fatica, industre, e amatrice del traffico, e della navigazione. […]. La campagna di questi contorni è assai ben coltivata, ma nelle vicinanze della città non si lasciano crescer alberi per regola di buona difesa” (pp. 325-326).